10 motivi per i quali l'errata scelta del sensore di posizione può compromettere il tuo progetto
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I sensori di posizione sono componenti comuni in molti progetti di ingegneria. Misurare posizione e di velocità in modo accurato non è mai banale. La scelta sbagliata del sensore o la sua errata installazione, comporta spesso di ritrovarsi con una macchina troppo complessa, con scarso rendimento, alto costo e inaffidabile.
In questo articolo daremo alcune best practice per ovviare ai 10 errori più comuni in fase di progettazione.
1. Incomprensione delle prestazioni necessarie per la misura
Se si impiegano i termini “abbastanza preciso” o “molto accurato” per selezionare un sensore di posizione, probabilmente non sono state individuate le prestazioni richieste. Sbagliare questo aspetto fondamentale nella progettazione spesso porta a sovrappagare il componente o, peggio ancora, non raggiungere le prestazioni richieste dovendo ricominciare da capo la progettazione.
Ci sono 3 parametri chiave per selezionare un sensore di posizione:
- Risoluzione
- Ripetibilità
- Linearità
La ripetibilità è la differenza massima misurata dal sensore quando si allontana da una posizione e ritorna nella stessa.
La linearità è la differenza massima tra posizione reale e posizione misurata.
Maggiore risoluzione, ripetibilità e linearità si vuole ottenere e maggiore sarà il costo del sensore; tra questi tre parametri è la linearità quella che fa incrementare i costi. Per molti sistemi la ripetibilità è la chiave del successo applicativo e non la linearità.
2. Sottovalutazione dei costi di una errata scelta
Tutti i nuovi progetti, come pure la revisione di progetti precedenti, sono soggetti alla ricerca di ridurre al minimo i costi. La chiave del successo è comunque quello di minimizzare i costi complessivi. Pensare di impiegare un sensore economico va molto soppesato, il rischio che sia insufficiente per le necessità può essere reale. Altrettanto, sottovalutare l’affidabilità di un sensore può, a lungo andare, portare a spese notevolmente superiori se si dovrà intervenire presso il Cliente finale. Lesinare sulla qualità è una falsa economia.
3. Requisiti di sicurezza
Qualsiasi sensore di posizione, durante la propria vita, può rompersi o dare segnali errati. Spesso, se il sensore non genera segnali in uscita o un segnale errato, il problema è facilmente risolvibile; ad esempio il controllo, o l’azionamento, che riceve le informazioni dal sensore può porsi in una condizione di fail-safe. Qualora invece il segnale generato sia credibile, ma non corrispondente alla posizione reale si potrebbero scatenare situazioni molto pericolose se non catastrofiche. Sottovaluta gli aspetti di sicurezza come lesinare sui costi non è mai una buona soluzione. Ciò non significa dover investire in sensori estremamente sofisticati e costosi ma è necessario, in fase di progettazione, trovare il giusto compromesso tra controllo e sensore per limitare al massimo eventuali malfunzionamenti. Per molte applicazioni sarà sufficiente che il controllo sia in grado di gestire le normali situazioni di malfunzionamento come mancanza di segnali, segnali non congrui, disturbi elettromagnetici. Per particolari casi si devono prevedere ulteriori verifiche come ispezioni periodiche, manutenzione o sostituzione preventiva, se non arrivare a soluzioni ridondanti.
4. Scegliere un potenziometro
Anche se la tendenza è di impiegare sensori senza contatto, sono innumerevoli ancora le soluzioni che prevedono parti che si muovono creando attriti e logoramenti meccanici. L’impiego di sensori potenziometrici è tipico di queste soluzioni. Si usano dei contatti striscianti scorrevoli lungo una pista resistiva; è un componente che lavora ottimamente in ambienti puliti. Sono comunque soggetti ad usura e la vita, normalmente specificata in numero massimo di cicli, può risentire in presenza di polveri o di forti vibrazioni soprattutto se il sensore è in una posizione fissa. Un ulteriore riduzione della vita si verifica in presenza di movimenti a frequenze superiori a 10 HZ, in questi casi la vita può ridursi addirittura a qualche giorno.
6. Tolleranze nell’istallazione
I datasheet dei sensori di posizione sono focalizzati nel mettere in risalto l’alto livello di accuratezza. Quello che spesso viene poco evidenziato è la stretta tolleranza meccanica necessaria per ottenere una discreta accuratezza. Assicurarsi sempre di leggere anche le indicazioni di come dover eseguire l’installazione. Specialmente per encoder ottici ad anello, il traferro, tra testina di lettura e disco, richiede tolleranze inferiori a 10 micron, per ottenere le prestazioni di accuratezza dichiarate. Bisognerà sempre tenere conto dei costi di assemblaggio e dei costi di realizzazioni di meccaniche con alte precisioni.
7. Calibrazione del sensore elettronicamente
Una tecnica comune, usando un sensore con poca accuratezza per ridurre i costi rispetto ad un sensore con prestazioni migliori, è quella di eseguire una calibrazione elettronica. Viene prodotta una tabella, definita di look-up nel controllore, tramite la quale lo stesso provvede a comandare con opportuna correzione una posizione fittizia tale da portare il carico nella posizione richiesta. In diverse applicazioni è un metodo che offre prestazioni corrette. L’inconveniente maggiore si avrà in caso di sostituzione del sensore o se, durante la vita della macchina, cambiano gli attriti. In entrambi i casi si dovrà provvedere ad una seconda calibrazione.
8. Misurazione indiretta
Una posizione che viene dedotta anziché misurata si definisce misurazione indiretta. Un esempio potrebbe essere risalire ad una rotazione di una tavola tramite la lettura dell’encoder sul motore. Se la tavola rotante e connessa al motore tramite un giunto e un riduttore, la misurazione indiretta è molto meno accurata di quella ottenibile con un encoder o anello posto sulla tavola. Se si impiega un metodo indiretto si dovrà tenere conto di innumerevoli fattori come il gioco del riduttore o le diverse dilatazioni dei singoli componenti che compongono la catena cinematica.
9. Impiego di encoder capacitivi in ambienti con umidità
Gli encoder capacitivi si basano sulla variazione di capacità tra 2 superfici. Il problema maggiore di questi componenti è che la capacità varia in modo molto pronunciato al variare dell’umidità ambientale. Come gli encoder ottici, quelli capacitivi lavorano molto bene in ambienti puliti, in assenza di polveri, grassi e sono particolarmente sensibili alla condensa. In definitiva i sensori capacitivi sono raramente una buona soluzione se impiegati in ambienti umidi. In queste condizioni sono da preferire quelli induttivi o magnetici.
10. Cablaggi non corretti
Le statistiche mostrano che i cavi e i connettori siano la fonte primaria di malfunzionamenti dei sensori. Per ridurre al minimo i problemi, i cavi devono essere fissati saldamente alla parte meccanica della macchina, evitando che movimenti o vibrazioni possano provocare interruzioni nel trasferimento dei segnali provocati dallo stress meccanico a cui sono sottoposti i cavi. In presenza di umidità, si dovrebbe limitare al minimo l’impiego di connettori, meglio impiegare un unico cavo di lunghezza adeguata. Il cavo che porta segnali dovrebbe essere posto lontano dai cavi di potenza, evitando che vengano allineati per lunghi tratti; soluzioni che prevedono cavi di potenza allineati a cavi di segnali comportano l’introduzione di disturbi elettromagnetici. Un cavo dovrebbe sempre avere delle schermature adeguate, una buona norma è seguire le indicazioni presenti nei manuali di installazione. Anche per i cavi, una scelta basata solo sul fattore economico, può portare a grossi inconvenienti dopo l’installazione.