Azionamenti centralizzati e decentralizzati: i pro e contro

Venerdì, 31 Luglio 2020

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Azionamenti centralizzati e decentralizzati: i pro e contro

Questo white paper si propone di illustrare i pro e i contro associati agli azionamenti centralizzati e decentralizzati per le applicazioni in ambito motion control. L'intenzione non è quella di privilegiare un approccio rispetto ad un altro, in quanto in molti casi ognuno di essi avrà applicazioni per le quali è più adatto. L'idea è invece semplicemente quella di rendere i costruttori di macchine e gli ingegneri consapevoli dei vantaggi e degli svantaggi specifici che possono contribuire al successo del progetto.


Introduzione

Scegliere una configurazione centralizzata significa che l'azionamento, insieme a tutti gli altri componenti necessari per il controllo del movimento, è alloggiato all'interno di un cabinet, solitamente collocato in prossimità di macchine e linee di produzione di tutto il mondo. Al contrario, scegliendo un'architettura decentralizzata (o distribuita), la tecnologia dell'azionamento viene trasferita dall'armadio elettrico ad una distanza molto minore al processo di controllo del movimento - venendo a volte addirittura integrata con il motore stesso.
Naturalmente, esistono diversi gradi di decentralizzazione, da un singolo soft starter o azionamento situato sul motore, ad un intero sistema decentralizzato, che può comprendere, ad esempio, un VFD, una protezione da sovraccarico, un sezionatore del motore, un modulo I/O e un modulo bus. In molti casi, tutte queste apparecchiature possono essere fornite sotto forma di “pacchetto" da un unico fornitore.

distributed drives example servotecnica

Le architetture centralizzate e decentralizzate hanno i loro pregi e i loro difetti. Decidere quale sia la migliore dipende molto dall'applicazione specifica. A vedere bene, i sistemi ad architettura mista sono abbastanza comuni nell'industria, soprattutto quando gli azionamenti presentano alcune caratteristiche comuni, dimostrando così la validità di un approccio ibrido.

I capitoli che seguono delineano alcuni dei pro e dei contro più significativi associati alle strategie di azionamento centralizzato e decentralizzato, con particolare attenzione ad aspeti quali: le dimensioni dell'armadio/pannello di controllo, il dimensionamento dell'applicazione, le opzioni e la modularità.


Dimensioni dell'armadio / pannello di controllo

Come spesso accade in un numero crescente di applicazioni industriali, lo spazio è un fattore vincolante. Con un approccio centralizzato - se lo spazio lo consente - tutti gli azionamenti possono essere collocati all'interno di un unico armadio, semplificando così diagnostica e manutenzione. Inoltre, potrebbe essere possibile centralizzare alcuni servizi, come il raffreddamento, la distribuzione dell'alimentazione e la sicurezza. Chiaramente, l'ispezione visiva è uno dei vantaggi qualora si opti per un controllo del movimento centralizzato.
Naturalmente, tutta questa centralizzazione ha un prezzo: l'ingombro o l'involucro dimensionale dell'armadio aumenta. Avendo molte fabbriche e impianti problemi di spazio, i costruttori di macchine sono sempre meno propensi ad avere armadi di controllo ingombranti. Negli ultimi anni, l’ingombro ridotto è diventato uno dei principali argomenti di vendita per gli OEM. Non di meno, possono sorgere problemi legati agli ingombri in fase di aggiornamento o ampliamento dei macchinari esistenti, ad esempio per eliminare colli di bottiglia o per aumentare l'efficienza. In queste circostanze, spesso gli ingegneri si trovano a dover fare i conti con spazi limitati o destinati ad altro.
Un altro fattore da tenere in considerazione è il costo significativo in termini di materiale e manodopera rappresentato dal cabinet di controllo che, solitamente, viene progettato ad hoc per l'applicazione. Pertanto, il costo associato alla progettazione, alla costruzione e all'installazione di un sistema centralizzato deve essere una valutazione di primaria importanza nella spesa complessiva della macchina.
L'alloggiamento degli azionamenti in un armadio separato dalla macchina, offre naturalmente una protezione completa dall'ambiente esterno dell'impianto o della fabbrica. Tuttavia, poiché la perdita di calore viene generata centralmente, è necessario un raffreddamento efficace all'interno dell'armadio elettrico.
Quando si adotta una strategia di azionamento decentralizzata, le dimensioni del quadro elettrico principale sono in genere estremamente compatte, mentre i costi di installazione sono inferiori sia in termini di materiale che di lavorazione. Un ulteriore vantaggio è che gli azionamenti distribuiti prevedono l'utilizzo di cavi precablati che riducono la possibilità di errore e accorciano i tempi di messa in servizio.
Naturalmente, un sistema decentralizzato è particolarmente adatto al semplice controllo di motori stand-alone, ma non solo. Poiché l'azionamento può essere montato sopra o vicino alla macchina/motore, i vantaggi della riduzione delle dimensioni sono lampanti rispetto ad un sistema centralizzato equivalente. La riduzione dei costi si traduce inoltre nell'eliminazione di un pannello di controllo personalizzato, per non parlare della manodopera necessaria per il montaggio e l'installazione del sistema. Inoltre, le lunghezze dei cablaggi sono ridotte, mentre ulteriori vantaggi includono una migliore compatibilità elettromagnetica (EMC) e la distribuzione capillare delle perdite di calore, riducendo il fabbisogno e il costo di un sistema di termoregolazione centralizzato.
Mentre alcuni ritengono che questo tipo di architettura non sia sufficientemente robusta per fornire un elevato grado di protezione contro l'ambiente circostante, in realtà è vero il contrario. Molti dei più recenti convertitori decentralizzati offrono caratteristiche embedded e un alto livello di protezione IP66/NEMA 4X per consentire l'installazione direttamente sul motore o nelle vicinanze. Il design robusto degli azionamenti decentralizzati può infatti proteggere dalla penetrazione di polvere o getti d’acqua, oltre ad offrire maggiori garanzie di sicurezza ai tecnici che operano in contatto con parti sotto tensione.
In questo settore sono pochi gli inconvenienti dati dall’impiego di azionamenti decentralizzati, anche se l'ispezione visiva e la manutenzione a volte risultano più complesse, in quanto gli azionamenti sono difficilmente accessibili.

Dimensioni dell'armadio / pannello di controllo Centralizzato Decentralizzato
Dimensione  
Centralizzazione del servizio  
Ispezione visiva  
Costo dei materiali  
Costo del lavoro  
Accessibilità  










Dimensionamento dell'applicazione

Uno dei principali vantaggi delle soluzioni centralizzate in termini di dimensionamento dell'applicazione è che i motori non sono soggetti ad alcun declassamento. Per fornire una definizione standard, eventuali condizioni di funzionamento gravose richiedono un derating del motore. Tali condizioni possono includere una temperatura ambiente superiore a 40°C, la posizione di montaggio del motore, la frequenza di commutazione dell'azionamento o il sovradimensionamento dell’azionamento scelto per il motore.
Il derating è un processo di progettazione che può contribuire in modo significativo all’affidabilità della macchina. Con un approccio centralizzato, le dimensioni ridotte del motore e la minore inerzia del rotore sono tipiche, mentre le prestazioni ottenibili sono superiori rispetto alle soluzioni decentralizzate. Per quanto riguarda i difetti, chi opta per una soluzione centralizzata dovrà tenere conto di cablaggi più lunghi, senza dimenticare che ogni motore è collegato all'armadio elettrico tramite due cavi, uno per l'alimentazione e uno per il feedback.

Chi pensa che le soluzioni decentralizzate per il controllo del movimento non si prestino ad un dimensionamento ottimale delle applicazioni sarebbe in errore. Ad esempio, in alcuni casi, è possibile utilizzare un armadio standard per le funzioni di base e aggiungere moduli indipendenti opzionali (con la loro elettronica a bordo) senza dover modificare l'armadio originale.

In alcuni casi, un’architettura con azionamenti decentralizzati può essere reso necessario dalle dimensioni della macchina. È possibile eliminare lunghi cavi motore da un armadio di controllo centrale portando l'alimentazione agli azionamenti decentralizzati con una daisy chain, drive-to-drive, o utilizzando un azionamento con un'alimentazione integrata. Inoltre, gli azionamenti decentralizzati possono semplificare la strutturara anche in macchine grandi e complesse, un vantaggio particolare per le applicazioni destinate a settori quali l'automotive e l'intralogistica, ad esempio.

Esiste tuttavia un potenziale svantaggio per le soluzioni decentralizzate per quanto riguarda il dimensionamento delle applicazioni. Nei motori con azionamenti integrati deve essere accettato un derating del motore dovuto allo scambio termico con l'azionamento. Per contrastare questo problema, a parità di prestazioni T,n, il motore con l'azionamento integrato avrà un desgin più ingombrante (T,n è il rapporto tra velocità di rotazione e coppia). Va notato, tuttavia, che questo requisito non è necessario per gli azionamenti decentralizzati nelle vicinanze.

Dimensionamento dell'applicazione Centralizzato Decentralizzato 
Derating del motore ✓ (with nearby)
Lunghezza cavi motore  





Opzioni

Per quanto riguarda le opzioni, le soluzioni centralizzate tendono a offrire una maggiore personalizzazione dei moduli all'interno del cabinet. Questo tipo di soluzione quadro garantisce inoltre la possibilità di aggiungere opzioni sul campo in un secondo momento. Sebbene le opzioni più comuni - come STO (Safe Torque Off), Safety Bus, I/O e protocolli Ethernet in tempo reale - siano disponibili per i sistemi decentralizzati, esse sono limitate rispetto alle soluzioni quadro a causa dello spazio ridotto. Tipicamente, le opzioni sono installate dall'OEM e generalmente non è possibile aggiungerle o rimuoverle sul campo.

Opzioni Centralizzato Decentralizzato 
Safety via Bus
Scalabilità delle opzioni  





Modularità

I sistemi centralizzati sono ritenuti meno modulari rispetto alla loro controparte distribuita, anche se c'è una maggiore flessibilità per quanto riguarda i sistemi di dissipazione del calore basati sul raffreddamento ad aria o a liquido. In generale, la modularità del pannello di controllo non è legata alla modularità del sistema complessivo.

Al contrario, le configurazioni decentralizzate sono estremamente modulari. Qui, l'architettura degli azionamenti può seguire la modularità meccanica della macchina o del sistema, con gli evidenti vantaggi che ne derivano.

Si può affermare che le macchine e le fabbriche di oggi vengono sempre più spesso create sulla base della modularità, soprattutto perché i sistemi modulari facilitano i costi di sviluppo ridotti e i tempi di consegna più brevi. Ultimamente l'industria sta cercando soluzioni sul mercato che consentano di incrementare l'automazione dei processi senza aumentare gli spazi occupati dai quadri elettrici.

Gli azionamenti decentralizzati possono essere collocati dove sono necessari e, grazie all'I/O integrato, possono risolvere compiti impegnativi senza aggiungere terminali, risparmiando tempo e denaro.

Modularità Centralizzato Decentralizzato
Modularità  
Flessibilità del sistema di dissipazione  





Funzionalità di rete

Molti dei più recenti convertitori di frequenza offrono una rete di comunicazione opzionale e moduli I/O facili e veloci da installare, consentendo così l'adattamento del convertitore di frequenza standard alle singole applicazioni dell'utente. Anche la comunicazione plug-and-drive tramite reti Ethernet in tempo reale è sempre più comune con l'odierna tecnologia dei convertitori di frequenza. L'uso di interfacce plug-in per protocolli come Profinet ed EtherCAT permette la perfetta integrazione dei convertitori di frequenza nelle reti di comunicazione esistenti presso l'utente finale.

Per coloro che considerano un approccio distribuito, l'utilizzo di un modulo PLC decentralizzato accanto agli azionamenti decentralizzati riduce il carico sul controllore di livello superiore, oltre a creare, in alcune applicazioni, la base per macchine modulari realmente prive di armadi di controllo. Tali moduli PLC saranno tipicamente dotati di RTOS (Real-Time Operating Software) per garantire un'intelligenza decentralizzata con capacità di rete fornita da una selezione di protocolli di comunicazione. La flessibilità in fase di progettazione e la pedisposizione alla modularità è così assicurata.

Funzionalità di rete Centralizzato Decentralizzato
Performance del PLC  
Comunicazione ethernet RT





Costi di investimento

È difficile fare un confronto diretto dei risparmi tra soluzioni centralizzate e decentralizzate, anche perché ogni applicazione è diversa. In alcuni casi semplici e isolati la decisione tra centralizzazione e decentralizzazione può essere evidente. Tuttavia, valutare le opzioni per una linea di produzione dove ogni fase del processo dipende da altri dispositivi, significa aumentare notevolmente il livello di complessità.

Quelli a favore di sistemi puramente distribuiti sostengono che più del 30% dei costi può essere risparmiato rispetto ad una soluzione centralizzata, questo per i tempi di progettazionie più lunghi, più componenti e cablaggi, pannelli e PLC più grandi e un'installazione e una messa in servizio più lente.

Tuttavia, verifica sempre le tue specifiche esigenze con uno specialista e chiedigli una consulenza, poiché ogni progetto ha caratteristiche che possono influenzare il processo decisionale se lo scopo è ottenere un risultato ottimale.


Soluzioni di prodotto

Tra le numerose soluzioni di prodotto disponibili presso Servotecnica c'è la serie di azionamenti brushless distribuiti AMK iC/iX. Il servoazionamento decentralizzato AMKASMART iC con alimentazione integrata, ad esempio, è ottimizzato per l'impiego in applicazioni monoasse e strutture di macchine modulari. Grazie all'integrazione di un modulo di alimentazione, viene praticamente eliminata la necessità di un armadio elettrico per facilitare una soluzione di macchina flessibile.

Il servoazionamento decentralizzato AMKASMART iX, proprio come l'iC, è progettato per motori sincroni e asincroni rotativi e lineari di vario tipo. Tuttavia, in questo caso, l'alimentazione e la comunicazione sono in loop da modulo a modulo.

Con gli azionamenti AMKASMART è possibile combinare le varie soluzioni distribuite di AMK sulla macchina o sulla linea di produzione, e quindi avere la possibilità di scegliere tra soluzioni decentralizzate e centralizzate, oppure utilizzare i due tipi insieme. Dopotutto, non esiste una soluzione unica.

Tra gli altri prodotti decentralizzati di Servotecnica sono disponibili anche i servomotori AMKASMART i3X (tre servocontrollori decentralizzati in un unico alloggiamento), i servomotori AMKASMART iDT5 e iDT7 con servoazionamenti integrati e il controllore AMKASMART iSA che dispone di un alimentatore in ingresso per facilitare l'automazione senza la necessità di un alimentatore separato.




by Riccardo Francazi
R&D Manager




italia

Motori coreless vs motori ironcore

Martedì, 21 Luglio 2020

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Motori coreless vs motori ironcore

LA SFIDA

I motori brushless a magneti permanenti, possono generare moto rotatorio e lineare. Sono noti per l'alta densità di coppia e l’efficienza elevate. Sono anche comunemente detti motori brushless in corrente continua, motori brushless in corrente alternata, motori sincroni a magneti permanenti o servomotori. Queste macchine elettriche generano essenzialmente coppia (rotatoria) o forza (lineare).

Per molte applicazioni nel campo dell’ottica, della scansione, della metrologia, dell'optoelettrica e del traking, la sfida principale è quella di ottenere una coppia/forza costante e prevedibile. I motori brushless a magneti permanenti tradizionali sono soggetti a coppia di cogging, un disturbo derivante dall’interazione tra il magnete permanente e le cave interposte ai denti dello statore. Il cogging è una coppia ciclica con un angolo che crea ripple di coppia (e il corrispondente ripple di velocità), andando ad aggiungere un elemento non lineare nel controllo del motore.

Nel corso degli anni sono stati adottati vari metodi per ridurre al minimo il cogging come, ad esempio, lamelle elicoidali, magneti elicoidali, speciali modifiche meccaniche e compensazione elettrica nel controller del motore. Nella maggior parte delle applicazioni che richiedono un moto costante con carichi ridotti.

LA SOLUZIONE

I motori slotless (senza cave) sono stati concepiti per ottimizzare l’uniformità e ottenere una coppia in uscita prevedibile con effetti non lineari minimi. Comunemente definiti motori slotless se rotanti e ironless se lineari, i motori slotless hanno bobine avvolte in aria. Se disposte correttamente, queste bobine interagiscono con il flusso dei magneti permanenti per creare forza o coppia. La coppia di cogging viene eliminata grazie alla rimozione della discontinuità creata dai denti dello statore. La tecnologia slotless è particolarmente efficace con i sistemi di precisione ad azionamento diretto, perché tutta la coppia è una funzione della corrente di fase e il motore non genera disturbi di coppia indesiderati o non controllati.

TOPOLOGIA DEL MOTORE

I motori brushless a magneti permanenti presentano due componenti interni fondamentali: il gruppo del magnete permanente e quello delle bobine statoriche. Nella versione rotante questi due componenti sono detti gruppo rotore e gruppo statore, mentre in quella lineare prendono il nome di barra magnetica e forcer. Il rotore/barra magnetica è un componente magnetico costituito da magneti permanenti applicati o immersi in una struttura ferromagnetica. Lo statore/forcer è l’assieme delle bobine opportunamente combinate atte a generare un campo magnetico con varie fasi, tre nella realizzazione più comune.
La parte restante di questa nota tecnica è dedicata al confronto e alle differenze tra motori rotanti slotless e slotted. Gli stessi principi valgono anche per i motori lineari ironless e ironcore.

STRUTTURA DI ROTORE E STATORE

Gruppo rotore a magneti permanenti

Il gruppo rotore è generalmente un anello o un albero di acciaio su cui sono fissati dei magneti, che possono essere meccanicamente distinti o costituire un anello solido con singoli campi magnetici magnetizzati su di esso.

Il numero di poli è direttamente correlato al numero di magneti permanenti del gruppo rotore.

Talvolta, si può scegliere di conteggiare il numero di coppie nord-sud, parleremo in questo caso di coppie di polari. Il numero totale di poli determina il rapporto di trasferimento tra la frequenza elettrica e la velocità meccanica. In genere, i motori con un numero inferiore di poli hanno una velocità meccanica più alta, mentre quelli con più poli sono solitamente più lenti. Detto questo, grazie ai progressi dell’elettronica moderna ad ampia larghezza di banda, è stato possibile aumentare sempre di più la velocità anche dei motori con un numero di poli elevato.rotore magneti meccanicamente distinti

La figura 1 - Esempio di rotore con magneti meccanicamente distinti.

Gruppo statorico

Affinché il motore possa girare, è necessario eccitare propriamente un certo numero di fasi elettromagnetiche che, nei motori brushless a magneti permanenti, sono solitamente tre. Tali fasi elettromagnetiche vengono eccitate mediante uscite in corrente generate da un controller di motore. Il controller del motore utilizza tipicamente la retroazione per monitorare la posizione del rotore e creare il vettore di corrente corretto nelle fasi dello statore per ottenere la coppia. Una volta creata, la coppia può essere controllata insieme a velocità e posizione in modo da gestire qualsiasi applicazione di motion control.

Il gruppo dello statore è tipicamente costituito da lamelle di ferro dolce con denti che sporgono radialmente. Gli spazi tra tali denti sono detti cave e consentono l’inserimento del filo delle bobine elettromagnetiche. Questa tipologia di motore è detta slotted.

motore diretto frameless 3

Figura 2 - Un classico motore diretto frameless con elevato numero di poli e costruzione con anello a basso profilo.

Nell'esempio riportato in figura 2, i denti e le cave dello statore sono chiaramente visibili. L’anello grigio al centro del motore è il rotore realizzato in materiale magnetico con 36 poli magneticamente inclinati magnetizzati su di esso. Si noti che i poli sono stati approssimati per ragioni rappresentative. La configurazione inclinata contribuisce a ridurre il fenomeno del cogging, alternando assialmente il campo magnetico e compensando la frequenza fondamentale della coppia di cogging.

STATORE SLOTTED

Le configurazioni tradizionali di uno statore slotted si basano su denti che concentrano il flusso elettromagnetico verso i magneti del rotore e riducono il traferro complessivo del circuito magnetico. In genere ogni fase prevede molteplici denti. I motori slotted sono i più diffusi perché assicurano un buon equilibrio tra coppia in uscita, costante del motore, efficienza e facilità di fabbricazione. Essi garantiscono solitamente la costante di moto più elevata Kt (torque/Amper) per un motore di taglia data, oltre a un’alta efficienza e grande accelerazione con un’inerzia minima.

Come spiegato in precedenza, gli spazi tra i denti dello statore consentono di inserire il filo delle fasi elettromagnetiche. Le cave sono la causa principale della coppia di cogging poiché creano una permeabilità discontinua mentre i magneti passano dall’una all’altra. Per ridurre al minimo la frequenza fondamentale della coppia di cogging, è prassi comune inclinare o sfalsare i denti dello statore o i magneti del rotore.

statore con denti inclinati 3

Figura 3 - Statore con denti inclinati.

La coppia di cogging dei motori slotted varia tipicamente dall’1 al 5% della coppia di picco a seconda della configurazione del motore. Nelle applicazioni con carichi utili più elevati, la coppia di cogging minima è ridotta rispetto alla coppia di azionamento e ha un effetto irrilevante sulle prestazioni del sistema. Tuttavia, nelle applicazioni in cui il carico utile è ridotto o quando il moto uniforme è un requisito essenziale, la coppia di cogging generalmente produce un ripple di velocità che può avere effetti negativi sulle prestazioni.

La frequenza della coppia di cogging è una funzione del numero di poli e del numero di cave del motore. La frequenza fondamentale di questo cogging è il minimo comune multiplo tra numero di poli e di cave. Tuttavia, a causa delle variazioni di produzione e degli effetti tridimensionali, al profilo della coppia di cogging con l’angolo contribuiscono anche altri attributi armonici più e meno alti.

Gli statori con cave sono soggetti anche a saturazione magnetica all’aumentare della corrente. Questo fenomeno è detto anche linearità della costante di coppia (Kt). Per ottimizzare la taglia e l’uscita del motore, solitamente il ferro è vicino alla saturazione magnetica in corrispondenza del limite termico continuativo del motore. In alcuni motori il valore di targa continuativo dell’uscita incorpora un errore di linearità di ben il 10% Kt.

STATORE SLOTLESS

Un motore brushless a magneti permanenti ideale produce una coppia sinusoidale senza distorsione armonica. Il motore slotless è quello che più si avvicina a questo obiettivo. Lo statore senza cave non presenta i denti e le rispettive cave. Le bobine di fase sono orientate spazialmente attorno allo statore per formare la relazione tra le fasi elettromagnetiche necessarie per il funzionamento del motore. Quando eccitate, le bobine creano un campo magnetico simile a quello del motore slotted, ma la curva coppia/angolo risultante è sinusoidale. La coppia di cogging è pari a zero per via dell’assenza di denti e cave corrispondenti.

motore slotless con magneti meccanicamente distinti 3

Figura 4 - Motore slotless con rotore progettato per utilizzare magneti meccanicamente distinti.

Il rotore al centro è costituito da 8 magneti distinti e ha otto poli. Gli statori slotless hanno una sezione trasversale radiale molto sottile che consente di utilizzare un diametro di rotore più grande.

rotore 12 poli

Figura 5: il rotore al centro è un anello magnetico solido con 12 poli.

In un motore slotless, tutta la coppia è funzione della corrente applicata all’avvolgimento, semplificando così il sistema di servocomando e assicurando un funzionamento più uniforme. Inoltre, il motore presenta una linearità di Kt significativamente migliore rispetto alla versione slotted.

Un aspetto che riguarda le configurazioni slotless è il grande traferro magnetico tra rotore e statore derivante dall’eliminazione dei denti dello statore. Ciò comporta una densità inferiore del flusso e, di conseguenza, una coppia in uscita più bassa per un motore di taglia data. La coppia in uscita di una configurazione slotless è solitamente pari al 70-75% di un motore slotted di taglia equivalente, ma con l'ottimizzazione di svariati parametri è possibile arrivare fino all’85%. Se l’uniformità costituisce un requisito critico, la tecnologia slotless è preferibile, mentre i motori slotted sono probabilmente la soluzione migliore quando il fattore essenziale è la densità della coppia.

CURVA COPPIA VS ANGOLO

Un motore rotante genera essenzialmente una coppia, che è una funzione della corrente e della posizione. Il metodo più comune per analizzare questo fenomeno è la curva coppia-angolo. La curva coppia-angolo rappresenta la coppia in uscita di un motore, inclusa la coppia di cogging, ed è la figura di merito più utile per prevedere il funzionamento di un motore in un’applicazione specifica. Il rapporto coppia-angolo può essere misurato energizzando una fase del motore mentre il rotore viene ruotato manualmente misurando la coppia generata mediante un trasduttore di coppia.

Tutti i motori brushless a magneti permanenti hanno un profilo di coppia-angolo che è solitamente sinusoidale e in genere contiene svariate armoniche. La coppia di cogging è uno dei fattori che contribuiscono e che può dare come risultato una distorsione armonica significativa. Questa distorsione provoca un ripple di coppia mentre il motore è in funzione, con effetti sul ripple di velocità.

Le figure 6 e 7 seguenti illustrano come la coppia di cogging rappresenta la differenza principale fra i motori slotted e slotless. La figura 6 mostra chiaramente che quando un motore slotted non opera alla coppia nominale massima, il cogging è una percentuale relativamente bassa dell’uscita e il ripple di coppia è significativamente superiore. Nella Figura 7 si può chiaramente osservare che la coppia di cogging è pari a zero nella curva coppia vs angolo.

ripple di coppia forza grafico

Figura 6 - La curva viola è la coppia sinusoidale teorica rispetto all’angolo. La curva verde è il risultato di compromesso della coppia di cogging. La curva rossa è la coppia di cogging e la curva blu la coppia risultante di tutte le tre fasi che operano insieme. Tutti i valori sono stati normalizzati a 1 per semplificare la visualizzazione. L’esempio ha una coppia di cogging al 5% della coppia nominale dei motori.

ripple di coppia forza angolo elettrico grafico

Figura 7 - L’assenza di coppia di cogging fa sì che il motore produca un vettore di coppia costante mentre ruota o si muove. Tutta la coppia è direttamente correlata alla corrente erogata all’avvolgimento. La coppia in uscita è lineare e le variazioni di corrente e moto sono molto più controllabili. La linea viola è sovrapposta alla linea verde e, pertanto, le due curve si sovrappongono.

RIEPILOGO E CONCLUSIONI

L’offerta Servotecnica include motori slotted e slotless. I motori slotted danno buoni risultati in termini di densità di coppia e accelerazione elevate, mentre i motori slotless sono eccellenti per ottenere un funzionamento uniforme con una buona linearità di Kt quando utilizzati in un sistema servoassistito.

La coppia di cogging varia significativamente a seconda delle diverse configurazioni dei motori e solitamente si adottano misure per ridurne gli effetti, come inclinare i magneti o le lamelle dello statore. Entrambe le tecnologie offrono ampi fori rotore e possono essere adattate ad applicazioni di azionamento diretto con basso profilo.

Le caratteristiche prestazionali principali di ciascun tipo di motore sono riepilogate nella tabella seguente.

 Parametro  Slotted  Slotless
 Moto più uniforme (ripple di velocità minimo)  
 Costante di coppia più elevata ✓   
 Linearità della costante di coppia (Kt)     ✓
 Foro passante più grande     ✓
 Accelerazioni più elevate  ✓   
     

Tabella 1: sintesi delle caratteristiche principali dei motori slotted e slotless.



Fonte: Celera Motion

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Cos’è l'IO-Link?

Martedì, 24 Marzo 2020

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Cos’è l'IO-Link?

Gestione della comunicazione dati a livello di ingressi e uscite nei macchinari automatici. È questa la funzione di IO-Link. È economico, semplice ed efficiente.
Fatta questa premessa, i lettori vorranno saperne di più. La documentazione riguardante l’impiego di IO-Link per la gestione del traffico di ingressi/uscite è ampia, ma le informazioni sul suo uso nel campo del motion control sono scarse. Pur non sottovalutandone i limiti in questo campo, in questo articolo esaminiamo le applicazioni di IO-Link proprio nel motion control.

Basta chiedere quali sono le caratteristiche principali di IO-Link a un utilizzatore per sentirsi immancabilmente rispondere che è una soluzione semplice, solida ed economica per tutto il ciclo di vita della macchina, che è facile da integrare, installare, mettere in esercizio e anche da utilizzare, oltre al fatto che facilita la manutenzione... Per inciso, IO-Link è anche una soluzione ottimale per applicazioni di motion control semplici, ed è proprio questo l’aspetto su cui vogliamo concentrare qui la nostra attenzione. Ma, prima di tutto, vediamo cos’è IO-Link.

NO bus di campo, universale, predisposto per Industry 4.0…

In effetti, IO-Link è uno standard (IEC 61131-9) definito dall’organizzazione internazionale IEC. Lo standard definisce le specifiche di un’interfaccia SDCI – Single-drop Digital Communication Interface – per piccoli sensori e attuatori. A prescindere dal controller (e dal protocollo – bus di campo – di comunicazione dati) utilizzato per l’automazione del sistema, la “parte 9” dello standard “IEC 61131” definisce le specifiche di una tecnologia SDCI unica e universale, adatta per applicazioni che impiegano piccoli sensori e attuatori (ampiamente usati sui macchinari). Sebbene l’organizzazione IO-Link sia uno dei membri del consorzio PROFINET, gli utilizzatori non devono necessariamente adattare i loro sistemi di sensori/attuatori (connettori, cavi, dispositivi hardware e software) ad alcun protocollo di bus di campo specifico. Come si dice spesso, “IO-Link è una soluzione universale interprotocollo” e si adatta a qualsiasi architettura basata su Modbus, PROFIBUS, EtherNet/IP, AS-I, ecc.

L’obiettivo è semplice e chiaro: estendere le tradizionali interfacce digitali di ingresso e uscita nella direzione di una comunicazione punto a punto (indipendentemente dal bus di campo adottato a livello di PLC).

Nel campo, questa tecnologia supporta la trasmissione bidirezionale di dati di processo, manutenzione ed eventi fino al dispositivo misuratore che opera nel punto più interno della macchina e includendo tutti i sensori e gli attuatori. Sia i master che i dispositivi adottano un protocollo specificato conformemente al modello di riferimento ISO/OSI (livello fisico, livello di collegamento dati e livello di applicazione). IO-Link consente inoltre il trasferimento di dati di controllo e parametri fino ai dispositivi, oltre all’invio dei dati di processo e delle informazioni di diagnostica al sistema di automazione dai singoli dispositivi.

Dal punto di vista fisico, IO-Link si basa su una tecnologia semplice, solida e ben collaudata: il classico collegamento a tre fili usato per i comuni sensori e attuatori, senza alcun requisito aggiuntivo in termini di cablaggio. Citando le parole dei suoi promotori, si tratta di “un’ulteriore evoluzione della tecnologia di collegamento esistente e ben collaudata di sensori e attuatori”. E non prevede la necessità di interfacce e sistemi di comunicazione basati su collegamenti multipunto o multidrop. Detto questo, IO-Link viene essenzialmente utilizzato per l’automazione di fabbrica e trova ampio impiego con sensori ed attuatori semplici, nelle applicazioni che includono microcontroller di piccole dimensioni ed economici.

In altre parole, uno dei vantaggi principali di questo standard sta nel fatto che il livello di sensori e attuatori (ingressi e uscite) può rimanere inalterato, indipendentemente dal controller di livello superiore della macchina e/o dal controller di tutto il sistema di automazione. Ciò consente di ridurre i tempi di progettazione e ingegnerizzazione, di diminuire il numero di ricambi e componenti per riparazioni da conservare a magazzino, di ridurre i “grattacapi” e di garantire maggiore tranquillità. Di fatto, questo standard è universale e si adatta a svariate applicazioni.

Come dicono alcuni utilizzatori: “IO-Link sta rivoluzionando le comunicazioni a livello di campo”. Rende disponibili i dati da tutti i livelli di macchina e di tutto il sistema, perfettamente in linea con le strategie di Industry 4.0. Essendo predisposto per Industry 4.0, questo standard offre oggi – e lo farà sicuramente in futuro – le potenzialità necessarie per implementare funzioni di macchina migliorate e persino completamente nuove. Nel futuro di IO-Link sono già previste tecnologie di produzione migliori e più economiche. Più concretamente, questo standard permette e garantisce investimenti a lungo termine.

Economico, facile da integrare, implementare, usare, diagnosticare e manutenere…

Il rapporto costi-benefici di IO-Link è positivo. Ancora prima di arrivare sul campo come soluzione fisica e concreta, aiuta a ridurre i tempi di ingegnerizzazione tagliando i tempi degli studi progettuali e della fase di preparazione alla messa in esercizio. E quando “scende in campo”, la messa in esercizio è più rapida. Come anticipato, IO-Link utilizza cavi standard e contribuisce anche a ridurre le scorte a magazzino dei ricambi grazie a dispositivi multifunzione intelligenti.

Oltre a ciò, IO-Link semplifica la diagnostica della rete di sensori e attuatori e anche l’organizzazione degli interventi di manutenzione. Funzionalità di diagnostica ampliate permettono infatti di eseguire la diagnosi in remoto fino al livello dei dispositivi sul campo, per rilevare rotture di cavi e diagnosticare dispositivi specifici. Grazie alla sua semplicità e solidità, alla facilità e rapidità di manutenzione e riparazione, IO-Link contribuisce ad aumentare i tempi di attività dei sistemi di macchinari. Senza scendere troppo nei dettagli su questo aspetto, ciascun dispositivo sul campo viene descritto tramite un file IODD (IO Device Description), che contiene informazioni quali il produttore del dispositivo, il numero del modello e quello di serie e il tipo di dispositivo, oltre ai parametri correlati all’applicazione. I valori di questi parametri possono essere modificati da remoto (tramite il master), in modo che la macchina possa essere adattata da remoto e online per il lotto di produzione successivo. Analogamente, sebbene i parametri di un collegamento risiedano nel master (hardware), possono essere ripristinati, regolati e modificati dinamicamente durante il processo di produzione. E se un’unità master deve essere sostituita per una qualsiasi ragione, basta eseguire solo la pre-configurazione (in ufficio o in laboratorio) e la sostituzione (sul campo). In questi casi, si tratta solo di una “sostituzione meccanica” da effettuare nella centralina della macchina. Grandioso, vero? E anche facile.

In sintesi, IO-Link è orientato all’automazione di fabbrica e ai macchinari. I concetti di macchina innovativi su cui si basa IO-Link assicurano un’installazione più semplice. Standardizza interfacce e sistemi di cablaggio (paralleli, analogici, digitali) in un’unica tipologia, e i concetti di macchina modulare sono intrinsecamente supportati. I moduli delle funzioni e il supporto fornito dagli strumenti consentono un’impostazione altamente automatizzata dei parametri. Progettazione, messa in esercizio e manutenzione risultano quindi più rapide e semplici.

Tutte queste semplificazioni portano, naturalmente, a una riduzione della documentazione e dei costi di formazione.

Che cos'è l'IO Link?

Motion Control

Per le comuni applicazioni I/O sono disponibili molte informazioni. Molte di meno, però, sono quelle che riguardano le applicazioni di motion control. Beh, secondo il punto di vista degli autori di documentazione tecnica, il motion control suscita grande interesse in termini di applicazioni di motion control avanzato che devono gestire velocità elevate e/o posizionamenti ciclici, o ancora applicazioni che richiedono solitamente numerosi calcoli di interpolazione e/o applicazioni che utilizzano ingranaggi e/o camme elettrici.

D’altro canto, però, sebbene i produttori e i fornitori di sistemi di motion control possano offrire tali applicazioni complesse, molti utilizzatori sono semplicemente alla ricerca di applicazioni facili da progettare. E, dato che IO-Link supporta solo cicli di automazione piuttosto lenti, può rispondere perfettamente a questa esigenza.

In tali applicazioni, i sensori misurano e controllano valori e parametri di processo come angoli, distanze, frequenze e impulsi, livelli, posizioni, pressioni, conteggi di rotazione o scorrimento, velocità lineari o di rotazione, temperature, ecc.

Intervalli e soglie di misurazione devono essere impostati in modo variabile in funzione di vari lotti di produzione. Se prima queste variazioni venivano in genere eseguite manualmente (con il rischio di dover gestire errori umani e correzioni), IO-Link consente di impostarle da remoto. Il master IO-Link è in grado di riconoscere sensori, attuatori e display connessi. Prima dell’avvio della produzione, controlla i parametri di configurazione di tutti i dispositivi. Sebbene non siano complesse in termini di velocità o interpolazioni, molte applicazioni di motion control utilizzano numerosi parametri. E in questo caso l’impostazione dinamica dell’applicazione costituisce un vero e proprio vantaggio.

Il mercato globale dei macchinari è messo a dura prova. La competizione è serrata! In questo contesto la giuria è composta da... gli utilizzatori! E gli utilizzatori guardano a queste soluzioni per l’affidabilità dei macchinari e si aspettano che le macchine possano ripagare rapidamente l’investimento.




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I sistemi di sicurezza industriali: una storia che parte da lontano

Lunedì, 14 Gennaio 2019

www.amk-antriebe.de

safety - sistemi di sicurezza industriale

Dai dispositivi elettromeccanici, ai PLC di sicurezza, ai fieldbus, alle nuove sfide di Industry 4.0

safety macchina utensile

Le macchine e i sistemi di automazione devono rispondere a norme di sicurezza ormai comuni in tutto il mercato europeo. In passato, per garantire la rispondenza a tali norme si potevano utilizzare solo dispositivi elettromeccanici (come i relè di sicurezza), essendo vietate sia le soluzioni puramente elettroniche, sia quelle basate unicamente sul software. L’interruzione di un circuito elettrico, per esempio, era considerata accettabile solo se veniva ottenuta con un interruttore o un sezionatore che provocava una discontinuità fisica nel circuito stesso. La scelta dei componenti utilizzati per creare un sistema di sicurezza si è continuamente ampliata, fino a comprendere anche i dispositivi di interblocco, le barriere fotoelettriche, le pedane sensibili alla pressione, i pulpiti di comando a due mani e così via.



I PLC di sicurezza ‘sdoganano’ la tecnologia elettronica e l’informatica

grafico safety

Negli ultimi anni, i segnali emessi dai dispositivi di sicurezza in campo vengono monitorati anche tramite componenti come i PLC di sicurezza: si tratta di PLC progettati con particolari criteri che riguardano sia il cablaggio degli I/O, sia l’elaborazione del programma di controllo per rispondere a quelli che sono i criteri di messa in sicurezza di una macchina, un impianto o un’area in generale.
Spesso, per esempio, nel PLC di sicurezza vi sono due processori che eseguono un controllo di plausibilità sulla logica che vanno ad elaborare. Nel caso venga rilevata un’incongruenza, tutto si porta in una condizione di sicurezza. Esistono poi dei criteri che prevedono anche la verifica del tempo effettivo di elaborazione delle informazioni, perché ci deve essere una determinata reazione in termini di sicurezza quando, per esempio, si preme un pulsante di emergenza.
Nel tempo, i PLC di sicurezza hanno attraversato una serie di trasformazioni simili a quelle dei PLC standard: dalle unità stand-alone, alla distribuzione degli ingressi/uscite, alla distribuzione del controllo.
Nello stesso tempo, gli azionamenti a velocità variabile hanno sostituito molte delle tecniche tradizionali di Motion Control. In aggiunta al controllo preciso dei processi e all’efficienza energetica migliorata, gli azionamenti a velocità variabile hanno aiutato i costruttori di macchine anche a conformarsi più facilmente agli standard di sicurezza vigenti e a ridurre la complessità degli impianti. Negli azionamenti a velocità variabile, l’uso delle tecnologie elettroniche e del software ha permesso di creare nuove soluzioni nella gestione delle tradizionali funzioni di sicurezza come la STO - Safe Torque Off , la SS1- Safe Stop 1, la SSE - Safe Stop Emergency, e così via.


Nuovi scenari: la comparsa dei fieldbus

L'avvento dei bus di campo (fieldbus), ha cambiato gradualmente la situazione e favorito la riduzione del cablaggio, offrendo nuove opportunità in termini di flessibilità di progettazione, modularità, test e manutenzione.
Oggi, gli stessi vantaggi si manifestano nei circuiti di sicurezza, che possono essere distribuiti grazie ai fieldbus di sicurezza: i circuiti sono diventati meno complessi, mentre la riduzione di cavi e connessioni ha migliorato l'affidabilità, reso più semplice la manutenzione e facilitato la riconfigurazione del sistema.
Uno dei vantaggi più tangibili dati da questa nuova tecnologia è l'accessibilità da parte dellìoperatore al processo produttivo grazie alla riduzione delle barriere fisiche di sicurezza in favore di funzioni di sicurezza di ultima generazione gestite via software.

Perché per gestire la sicurezza occorrono dei fieldbus particolari? Perché i fieldbus convenzionali non sono adatti per la trasmissione dei controlli relativi alla sicurezza, essendo richiesti specifici meccanismi di rilevamento e prevenzione degli errori senza i quali non è possibile identificare i guasti in modo tempestivo. Sono perciò necessarie delle funzioni addizionali, garantire dai protocolli di sicurezza, che possano rilevare errori nella trasmissione dei dati quali ripetizione, perdita, inserimento, sequenza errata, danneggiamento dei messaggi, ritardo, permettendo inoltre di inviare anche i normali dati di processo.
Ma vediamo più da vicino le principali caratteristiche di alcuni dei fieldbus nati in funzione della sicurezza.



SafetyBUS p

SafetyBus p è un bus aperto basato sulla tecnologia CAN (Controller Area Network), adatto per l'uso in sistemi di sicurezza fino a EN 954-1 Categoria 4 e applicazioni SIL 3 secondo IEC 61508. Esso consente di connettere fino a 64 dispositivi su una rete avente una lunghezza massima di 3,5 km.
I principali vantaggi di SafetyBus p sono i tempi di reazione rapidi, la comunicazione sicura tra funzioni di sicurezza e funzioni di automazione standard, l’integrazione di avanzate funzionalità diagnostiche, il collegamento aperto ai più diffusi bus di campo standard, la grande flessibilità in caso di ampliamento dell'impianto e la semplicità di programmazione e installazione grazie a blocchi software certificati.
Su SafetyBUS p la trasmissione dei segnali di sicurezza avviene in maniera separata a livello fisico e logico rispetto ai dati standard. I normali processi di automazione del’impianto perciò non influiscono in alcun caso sulle funzioni di sicurezza.
Infine, SafetyBUS p funziona in modalità event-oriented, nella quale i messaggi vengono inviati solo nel caso in cui lo stato degli I/O o il numero di dispositivi connessi variano, garantendo bassi tempi di reazione.



Safety over Ethercat (FSoE)

Per realizzare la comunicazione sicura dei dati sulla rete ad alte prestazioni Ethercat è stato sviluppato il protocollo FSoE, certificato TÜV al livello SIL3/IEC61508. Si tratta di un protocollo che permette la coesistenza di informazioni di sicurezza e standard nello stesso sistema di comunicazione a canale singolo; la soluzione è indipendente dai supporti di comunicazione e dal meccanismo di rilevamento degli errori, oltre a non presentare limitazioni quanto alla lunghezza dei dati di sicurezza, alla velocità di trasmissione e al tempo ciclo.
L'FSoE è in grado di gestire errori nei dati quali corruzione, ripetizione, scambio, perdita, ritardo, e indirizzamento non valido. Tra le varie misure di sicurezza vi è l’assegnazione di un numero di sessione e di un identificativo univoco per ogni connessione.



Profisafe

Nella grande famiglia basata su Profibus, anche Profisafe è un protocollo che unisce comunicazioni standard e di sicurezza su un unico fieldbus, permettendo di collegando sulla stessa rete dispositivi standard e dispositivi con funzionalità di sicurezza. Adatto sia per reti Profibus sia per reti Profinet, questo protocollo segue un approccio alla sicurezza chiamato ‘Black Channel’, che non ha impatto sul bus di campo sottostante ed è indipendente dal mezzo fisico di trasmissione.
Utilizzabile anche in modalità wireless, Profisafe è stato sviluppato in accordo con lo standard Safety IEC 61508 e previene potenziali errori di indirizzamento, ritardi, ecc. sul bus, con tecniche come la numerazione consecutiva dei pacchetti dati, il monitoraggio del tempo di trasmissione e dell’autenticità dei messaggi, e così via.



AS-interface ‘Safety at Work’

Concludiamo con AS-interface, un fieldbus master-slave conforme alla norma EN 50295. Il mezzo trasmissivo è costituito da un semplice doppino in rame con un’elevata immunità ai disturbi elettromagnetici.
Ogni rete AS-i è formata da un master, un alimentatore dedicato e più slave per la connessione dei sensori e degli attuatori. L’alimentazione per i sensori e per l’elettronica degli slave sulla rete è garantita da un’alimentazione disaccoppiata (30 Vcc) dai dati.
Con AS-i ‘Safety at Work’ è possibile eliminare il cablaggio parallelo per il circuito di emergenza utilizzando un unico mezzo trasmissivo per la gestione dei segnali e delle indicazioni rilevanti per la sicurezza.
E’ da notare infine che il bus AS-i può essere definito fino alla categoria di rischio più alta (Cat. 4) prevista dalla norma EN 954-1 ed è possibile assegnare i dispositivi di emergenza della rete a slave sicuri.




Il quadro normativo di riferimento

regolamento safety

Le norme armonizzate in materia di Sicurezza Macchine si dividono in tre tipi: le Norme di tipo A, di tipo B e di tipo C. Le norme di tipo A (o norme base) definiscono i concetti fondamentali, i principi di progettazione e gli aspetti generali validi per tutte le macchine. Le norme di tipo B (o norme gruppo) trattano un aspetto specifico della sicurezza o un dispositivo di sicurezza. Infine, le norme di tipo C (o norme famiglie di macchina) trattano i requisiti di sicurezza richiesti per ogni tipologia di macchina.
Alcune norme in materia di sicurezza sono, per esempio, la EN/ISO 12100 (tipo A) - Sicurezza del macchinario. Concetti fondamentali di valutazione e riduzione del rischio; la EN/IEC 62061 (Tipo B) - Sicurezza di funzionamento di sistemi di controllo elettrici, elettronici, ed elettronici programmabili; la EN/ISO 13849-1 (Tipo B) - Parti dei sistemi di comando legate alla sicurezza; la EN/IEC 60204-1 (Tipo B) - Componenti elettriche delle macchine e la EN 1037 (Tipo B) - Protezione contro l’avviamento imprevisto.
Secondo la norma EN/ISO 12100, ove non sia possibile la costruzione conforme a principi di progettazione sicura, è necessaria l’adozione di misure tecniche di sicurezza, come l’installazione di ripari fissi o mobili, rilevatori di presenza per evitare avviamenti imprevisti, ecc.
Le misure tecniche di sicurezza devono impedire l’accesso o il contatto involontario con un elemento pericoloso che implica un rischio di lesione personale, oppure ridurre il rischio portandolo ad uno stato sicuro prima che la persona possa entrare in contatto con esso.
Affinché una macchina (o altra apparecchiatura) possa essere ritenuta sicura è necessario valutare attentamente i rischi che potrebbero derivare dal suo utilizzo, come indicato dalla norma EN/ISO 12100.

norme sicurezza macchine ISO 12100 2010

Le sfide di Industry 4.0

safety industry4.0
In un ambiente di produzione tradizionale, con linee o celle spesso progettate per la produzione di un solo tipo di prodotto, la gestione della sicurezza è generalmente semplice: una valutazione del rischio di tutti gli aspetti dell'operazione - dai singoli componenti fino ai "punti di contatto" dell'operatore con le apparecchiature - permette infatti di creare una guida che rimarrà valida fino a quando l'uso della linea cambierà o si apporteranno delle modifiche ai suoi componenti. I rischi possono quindi essere ridotti al minimo, purché siano seguite le procedure corrette.
Al contrario, un impianto che opera secondo i nuovi principi di Industry 4.0 presenta potenzialmente una serie di problemi molto diversi e più complessi. Tra questi, per esempio, i problemi di sicurezza creati dalla riconfigurazione delle aree di produzione con breve preavviso, che implica i rapidi cambiamenti di attrezzature e persino il movimento fisico dei componenti.
Esiste tuttavia una varietà di tecnologie disponibili per contrastare questi problemi - e non è esagerato affermare che Industry 4.0 offre persino l'opportunità di aumentare ulteriormente la sicurezza grazie alla capacità di raccogliere dati in tempo reale e intervenire prima che un potenziale pericolo diventi reale. Oltre a garantire una maggiore sicurezza, ciò consente anche di introdurre nuove applicazioni importanti, come la manutenzione predittiva.
Infine, la possibilità di ottenere una rappresentazione logica dell’impianto (Digital Twin) permette di simulare tutte le situazioni di pericolo che potrebbero verificarsi, intervenendo quindi a priori con le necessarie misure correttive.




La sicurezza nei sistemi di Motion Control

Benché in passato la sicurezza non abbia fatto parte intrinsecamente dei sistemi di Motion Control, la situazione è cambiata nel tempo. Come abbiamo visto, la sicurezza era inizialmente affidata a dispositivi elettromeccanici, non essendo previste dalle norme soluzioni di altro tipo. D’altra parte, l’affidabilità reale o percepita delle soluzioni elettroniche o software non aveva ancora raggiunto i livelli attuali.
L’avvento dei fieldbus e dell’automazione distribuita ha modificato lo scenario, permettendo di localizzare i dispositivi di sicurezza nei punti più opportuni (pulpiti di comando, sala controllo, ecc.) e, nello stesso tempo, di introdurre le prime soluzioni software. Dispositivi come i variatori di velocità, gli inverter e i Motion Controller centralizzati hanno permesso di concentrare la gestione della sicurezza a monte del sistema, semplificando il controllo delle singole unità di Motion e rendendole più accessibili. E’ stato infatti possibile sostituire le unità blindate con unità dotate di semplice carter, essendo la protezione garantita da caratteristiche e funzioni non più locali ma distribuite sull’impianto.
Oggi si comincia a parlare di Safety 4.0, con ciò facendo riferimento a sistemi di sicurezza più flessibili e versatili, rispondenti alla potenziale necessità di continue modifiche dell’impianto per soddisfare nuove esigenze del mercato.

In questo campo AMK propone sistemi da quadro (centralizzati) come ad esempio le serie KE e KW, oltre ad azionamenti nearby  (architettura decentralizzata) come la serie iX, e ancora souzioni integrate motore più azionamento come la serie iDT5.
Essendo la safety trasmessa via rete, e quindi via cavo, i noti vantaggi di un sistema distribuito si traducono, anche in questo caso, una semplificazione dei cabalggi, in quanto non viaggerà più su un supporto dedicato ma su rete EtherCAT condivisa.



italia

SSI - Master class per gli ingegneri che devono scegliere un sensore di posizione

Lunedì, 19 Novembre 2018

www.zettlex.com

SSI - Master class per gli ingegneri che devono scegliere un sensore di posizione
In questo documento si descrive l’interfaccia seriale sincrona (SSI) usata in molti sensori e controller di posizione. È destinato a ingegneri elettrici e meccanici che progettano sistemi di rilevamento della posizione e desiderano capire come funziona l’interfaccia SSI e come valutarne i vantaggi senza scendere troppo nei dettagli.

Introduzione

I sensori che misurano la posizione lineare o angolare possono essere suddivisi in due gruppi: incrementali e assoluti. La domanda “Cosa succede all’accensione?” è un buon punto di riferimento per capire a quale gruppo appartiene un sensore. Se il sensore deve eseguire una fase di taratura per trovare la propria posizione significa che è incrementale, altrimenti è assoluto. Nella maggior parte delle specifiche degli ingegneri figurano ancora sensori di posizione incrementali, perché quelli assoluti sono considerati troppo costosi. Tuttavia, oggi i sensori assoluti non hanno più un costo tanto superiore. Poiché gli utilizzatori di apparecchiature e sistemi di automazione non sono più disposti ad accettare tempi di avvio prolungati, il numero di sensori assoluti è in aumento.

Negli anni ’80 e ’90 molti sensori di posizione assoluti generavano un’uscita parallela in cui gli uno e gli zeri di un valore binario o un codice Gray erano rappresentati da vari fili (spesso un cavo a nastro) con un livello logico alto o basso. Questo approccio è scomparso a causa del costo relativamente alto, delle dimensioni, della complessità e dell’affidabilità, soprattutto nei sensori di precisione. Per un sensore con un’uscita parallela a 20 bit sarebbero necessari almeno 20 fili di segnale separati. Pur non essendo un grosso problema nel caso di un singolo sensore, questa configurazione diventa un incubo ad esempio per un robot, dove sensori, motori e linee di alimentazione sono numerosi.

Le interfacce parallele sono state in gran parte sostituite dall’interfaccia seriale sincrona (SSI), dove uno e zero sono trasmessi in serie (uno dopo l’altro) lungo i fili di segnale. L’SSI è un’interfaccia consolidata e ampiamente utilizzata nelle comunicazioni industriali fra controller e sensori, soprattutto per i sensori di posizione assoluti. È importante sottolineare che l’impiego dell’SSI non è vincolato a un singolo produttore o gruppo di produttori e non richiede l’appartenenza ad alcun consorzio né il pagamento di licenze. È, ed è probabile che lo sarà anche nel prossimo futuro, il metodo di comunicazione digitale maggiormente impiegato per i sensori di posizione assoluti.

Elementi generali sull’interfaccia SSI

L’SSI si basa sul diffuso standard hardware RS-422. In questo standard sono specificate le caratteristiche elettriche dei circuiti di segnalazione, limitatamente alla definizione dei livelli dei segnali. In altre parole, è definito l’hardware di base, mentre le altre specifiche, come i connettori elettrici, i pin e il cablaggio, possono essere scelte liberamente dal progettista. I circuiti RS-422 impiegati dall’interfaccia SSI consentono di trasmettere i dati in modo affidabile e veloce su lunghe distanze e in ambienti rumorosi, senza dover ricorrere a componenti elettronici, cavi e connettori voluminosi. Mediante la segnalazione bilanciata o differenziale è possibile raggiungere velocità dati elevate e lunghe distanze. Per differenziale si intende che quando una linea è sul livello alto, l’altra è sul livello basso e viceversa.

Schema a blocchi SSI

Fig. 1 - Schema semplificato dell’RS-422.

L’SSI può essere descritta come … respiro profondo… un canale di comunicazione seriale sincrono da punto a punto per la trasmissione di dati digitali. Fiu! “Da punto a punto” significa essenzialmente che non si tratta di un bus o sistema di rete multinodo complesso. “Sincrono” significa che la trasmissione dei dati è sincronizzata mediante un segnale di clock. “Seriale” significa che non è parallelo e quindi più bit di dati vengono inviati sullo stesso filo. La trasmissione dei dati avviene tra un “master” (in genere un controller) che invia il segnale di clock e uno “slave” (solitamente un sensore di posizione assoluto) che genera il dato o valore.

L’RS-422 usa livelli di segnale nominali da 0 a 5 V e in genere un cavo costituito da due gruppi di doppini intrecciati (una coppia per i dati e una per i segnali di clock) e un filo di terra, come mostrato nella figura 1. Se un cavo con due coppie può essere una soluzione pratica in molte applicazioni dell’RS-422, la specifica definisce solo il percorso del segnale senza assegnare ad esso alcuna funzione. La maggior parte dei cavi SSI utilizza doppini intrecciati con una lamina metallica o una rete che funge da schermo elettromagnetico su ciascuna coppia e/o su tutto il fascio, sotto la guaina generale del cavo.

Di solito, con l’SSI le trasmissioni di dati e clock su cavi di lunghezza intorno ai 20 m non richiedono particolari accorgimenti. Le distanze pari a 20 m rispondono alle esigenze della maggior parte delle applicazioni dei sensori di posizione. Con una lunghezza del cavo superiore a 20 m è opportuno ridurre al minimo possibile le lunghezze dei cavi fra sensore di posizione e controller. Se con cavi di 10 o 20 m (da 24 AWG) si possono raggiungere senza difficoltà velocità dati elevate di circa 10 Mbit/secondo, per lunghezze superiori ai 20 m è necessario ridurre le velocità dati dei sensori come illustrato nella figura 2.

RS 422 velocita segnale per lunghezza cavo

Fig. 2 - Linee guida per la lunghezza dei cavi SSI e il relativo baud rate.

I dati precedenti si basano su un filo da 24 AWG e le lunghezze dei cavi possono essere superiori in caso di sezioni pari a 22 o 20 AWG. La lunghezza massima del cavo dipende anche da distorsione tollerabile del segnale, livelli di rumore elettromagnetico locale e differenze di potenziale di terra fra le estremità del cavo stesso.

Rispetto ad altre interfacce, le caratteristiche tecniche dell’SSI sono:

  • costo contenuto grazie a:
    • numero ridotto di componenti elettronici
    • solo 4 fili
    • slave o sensori che utilizzano il clock del master e non necessitano di oscillatori di precisione
    • ampia disponibilità di connettori e cavi
  • uscita dati sicura con possibilità di rilevare gli errori e segnalare la parità
  • resilienza alle interferenze elettromagnetiche
  • possibilità di utilizzare cavi di notevole lunghezza fino a migliaia di metri
  • facile isolamento elettrico fra sensore e host
  • trasmissione dati sincronizzata con un segnale di clock
  • baud rate elevati fino a 10 Mbit/secondo
  • flessibilità – il numero di bit di un messaggio non è limitato da una dimensione specifica del messaggio
  • possibilità di collegare più slave a un clock comune.

Talvolta gli ingegneri fanno confusione fra SSI, RS-422 ed RS-485. SSI è il metodo di comunicazione seriale che usa gli standard hardware RS-422. L’RS-485 è un sistema o bus multinodo più complesso. L’RS-422 non consente di implementare una vera e propria rete di comunicazione multipunto poiché in ciascuna coppia di fili vi può essere un solo driver; nonostante questo, più sensori possono usare il medesimo segnale di clock.

Clock e trasmissione dati dell’SSI

Il master (o controller) controlla i segnali di clock e lo slave (sensore di posizione) trasmette il dato o valore. Quando richiamato dal master, il dato viene inviato in uscita dallo slave alla cadenza del clock e memorizzato solitamente in uno shift register. Master e slave sono sincronizzati dal clock. I dati vengono trasmessi utilizzando segnali bilanciati o differenziali. Ciò significa, sostanzialmente, che le linee CLOCK e DATI sono cavi a doppino intrecciato. La sequenza di clock viene avviata dal master quando è necessario un dato o valore. È possibile utilizzare frequenze di clock diverse che vanno da 100 kHz a 2 MHz e il numero di impulsi dipende da quanti bit di dati devono essere trasmessi. Il protocollo di trasmissione dei dati si basa su tre diverse parti successive (“1″ iniziale -> bit di dati -> “0” finale). In questo modo si ottengono affidabilità e sicurezza di trasmissione dei dati, senza errori hardware e software.

L’SSI è inizialmente in modalità inattiva, in cui le linee CLOCK e DATI rimangono a livello alto e lo slave continua ad aggiornare i propri dati. Mantenendo a livello alto le uscite CLOCK e DATI in modalità inattiva è possibile rilevare contatti causati da fili spezzati.

Come si può vedere nella Figura 3, il primo fronte di discesa dopo il tempo Tmu avvia il ciclo di lettura e la trasmissione dei dati. Ciascun fronte di salita del CLOCK trasmette il bit di dati successivo del messaggio iniziando da Dn-1. Dopo l’ultimo fronte di salita della sequenza di clock, la linea dati viene impostata dal flag di errore (se supportato) per il periodo Tmu – 0,5xt. Al termine del Tmu, l’ultimo dato di posizione è disponibile per la trasmissione nel ciclo di lettura successivo.

SSI Clock and timing diagram

Fig. 3 - Schema di temporizzazione dell’SSI.

  • T: periodo di clock (1/T = da 100 kHz a 2 MHz)
  • Trc: tempo del ciclo di lettura. È definito come (n x T) + (0,5 x T)
  • Tmu: tempo di aggiornamento del messaggio. Intervallo di tempo dall’ultimo fronte di discesa del clock al momento in cui nuovi dati sono pronti per la trasmissione
  • Timg: tempo tra i messaggi. Deve essere >Tmu, altrimenti il dato di posizione sarà indeterminato
  • n: numero di bit nel messaggio (flag di errore non incluso).

Dopo n impulsi di CLOCK (fronti di salita) la trasmissione del valore del dato è completata. Al successivo impulso di CLOCK (fronte di salita n+1) l’uscita del sensore si porta sul livello basso. Se è sul livello alto anche dopo n+1 fronti di salita, significa che l’interfaccia è in corto circuito.

Tramite il collegamento a un clock comune è possibile eseguire contemporaneamente le letture da più slave (fino a tre). Per evitare anelli di terra e isolare elettricamente lo slave, è necessario un isolamento galvanico completo tramite fotoaccoppiatori.

La trasmissione multipla degli stessi dati dal sensore di posizione avviene solo in caso di impulsi di clock continui, anche dopo la trasmissione del bit meno significativo. Le sequenze iniziali sono le stesse della trasmissione singola. In condizione d’inattività le linee CLOCK e DATI sono sul livello alto, ma quando arriva il primo fronte di discesa viene richiamata la modalità di trasmissione e i bit di dati vengono trasmessi analogamente in sequenza iniziando dal bit più significativo a ogni fronte di salita del CLOCK. La trasmissione del bit meno significativo indica che tutti i dati sono stati trasmessi. Un ulteriore fronte di salita porta la linea dati sul livello basso, a indicare la fine della trasmissione dei dati.

Se sono presenti impulsi di clock continui anche dopo il termine della trasmissione (cioè se gli impulsi di clock successivi arrivano entro il tempo tw [< tm]), il valore dello slave non viene aggiornato. Questo perché l’uscita monostabile è ancora instabile e il valore nello shift register non è variato. Quindi, al successivo fronte di salita, cioè dopo il fronte di salita (n+1) continua la trasmissione degli stessi dati e l’MSB dei dati trasmessi in precedenza viene ritrasmesso. Successivamente viene seguita la stessa procedura delle trasmissioni precedenti, con una conseguente trasmissione multipla degli stessi dati. Il valore dello slave viene aggiornato solo quando il tempo fra due impulsi di clock è superiore al timeout di trasmissione. La trasmissione multipla può essere usata per verificare l’integrità dei dati. I due valori consecutivi ricevuti vengono confrontati e le differenze eventualmente riscontrate indicano errori di trasmissione. La trasmissione dei dati è controllata dal master e può essere interrotta in qualsiasi momento semplicemente interrompendo la sequenza di clock per un periodo superiore a quello di timeout. Lo slave riconosce automaticamente il timeout di trasmissione e si porta in modalità inattiva.

Alcuni produttori di sensori di posizione hanno inserito informazioni aggiuntive al protocollo SSI di base, nell’intento di assicurare un’elevata integrità della trasmissione dei dati. Per garantire la sicurezza e segnalare la fine della trasmissione dei dati è possibile aggiungere bit CRC o di parità, impiegati per verificare se i dati provenienti dal sensore di posizione sono stati correttamente ricevuti e interpretati.

Sensori che utilizzano l’interfaccia SSI

I lettori più attenti hanno forse notato che in questo articolo si usa il termine “sensore” invece del più comune “encoder”. Si tratta di una scelta voluta perché gli encoder vengono spesso, ma erroneamente, considerati come dispositivi ottici che generano dati in funzione di una posizione misurata. Negli ultimi anni è nata una nuova generazione di encoder senza contatto (prevalentemente assoluti) che non sono di tipo ottico ma induttivo (detti anche “incoder”). Tali dispositivi usano trasformatori a circuito stampato invece dei voluminosi e costosi avvolgimenti impiegati nei sensori di posizione induttivi tradizionali, quali resolver, LVDT, RVDT e sincronizzati. Questi dispositivi tradizionali sono stati per molti anni la scelta preferita degli ingegneri per svariati ambienti difficili grazie alla loro affidabilità, il grado elevato di sicurezza e la modalità operativa senza contatto. Gli incoder si basano sugli stessi principi dei loro corrispettivi tradizionali e sono quindi altrettanto affidabili e robusti, ma anche più accurati e facili da usare. La facilità d’uso deriva in parte dal fatto che utilizzano l’interfaccia SSI come modalità di comunicazione preferenziale. Hanno conquistato una quota di mercato significativa nelle versioni con foro passante e senza cuscinetti nelle applicazioni in cui sono necessari sensori con affidabilità e precisione elevate nei settori medicale, industriale, aerospaziale e della difesa.

italia

Dual loop: tecniche avanzate di controllo del moto

Venerdì, 26 Gennaio 2018

www.galilmc.com

Dual loop: tecniche avanzate di controllo del moto

L'obiettivo di un sistema meccanico preposto per ottenere un movimento controllato è quello di spostare o posizionare con precisione un carico. In un sistema ideale, il carico è rigidamente accoppiato e direttamente guidato da un motore lineare o rotativo.
Esistono molte situazioni per le quali questo metodo di azionamento non è possibile e il movimento deve passare attraverso sistemi di trasmissione o conversione del moto.

Alcune soluzioni tra le più impiegate sono:

Ognuno di questi sistemi di movimento presenta errori che influenzano l'accuratezza e la ripetibilità di posizionamento del carico. Questi errori possono essere introdotti per una serie di motivi tra cui: giochi meccanici, slittamenti, varianza del passo, attriti, disallineamento, usura, ecc. La maggior parte degli errori sono il risultato di tolleranze e conformità, entrambe inevitabili nei sistemi del mondo reale. Alcuni errori di posizione possono essere considerati costanti nel tempo, ad esempio il backlash ovvero il gioco. Altri sono invece variabili e dipendenti dalla posizione, dal tempo o dal carico come ad esempio quelli introdotti dalla variazione del passo, dall'usura o dagli attriti. Nel caso degli attuatori idraulici la posizione del carico è soggetta a fattori dinamici quali la variazione della pressione, della temperatura, della banda morta o isteresi.

Per i sistemi in anello chiuso, la soluzione più semplice per misurare la posizione del carico è quella di utilizzare l’encoder montato sul motore. Se abbiamo a che fare con sistemi costruiti con componenti molto accurati, strutturalmente rigidi e con bassa usura, allora il grado di precisione e ripetibilità che si ottiene in questo caso è molto elevato; tuttavia i componenti richiesti hanno un costo più elevato che si aggiunge al costo complessivo del sistema.

Il maggior costo per componenti di precisione non è sempre possibile o giustificabile e per la trasmissione è necessario scegliere componenti più economici. Se gli errori introdotti dalla meccanica sono superiori ai requisiti richiesti, è necessaria una configurazione di feedback diversa. Senza feedback sul carico, si può fare ben poco per compensare gli errori di posizione introdotti perché non c'è modo di misurare la posizione effettiva del carico.

Una configurazione alternativa è quella di mette un singolo encoder direttamente sul carico. La risoluzione della posizione del carico è una funzione diretta della risoluzione dell'encoder. Tuttavia, questa configurazione tende ad essere instabile perché non lineare e le risonanze del sistema diventano una possibile problematica da affrontare tramite le prestazioni del controllore di moto.

La soluzione per mantenere la stabilità del sistema e la compensazione degli errori della meccanica è quella di utilizzare una configurazione dual feedback o dual loop. In questo modo si combina l’azione stabilizzante dell’encoder accoppiato al motore con l’informazione aggiuntiva della posizione proveniente dall’encoder posto sul carico. Ciò si traduce nella possibilità di posizionare un carico in modo accurato, nonostante una trasmissione meccanica imperfetta.

Esistono due requisiti di base per un sistema che utilizza un dual loop. Il primo è un encoder posto sul carico con risoluzione almeno 2 volte la precisione di posizione richiesta per il sistema. Questa è una regola generale quando si decide l'encoder appropriato per un sistema. Il secondo requisito è che la risoluzione dell'encoder del motore dovrebbe essere almeno 2 volte la risoluzione dell'encoder del carico, prendendo in considerazione ogni riduzione tra carico e motore. Questo è necessario perché 1 conteggio di movimento dell'encoder motore deve produrre meno di 1 conteggio di movimento del carico. Se questa condizione non viene soddisfatta, 1 conteggio motore può comportare più di 1 conteggio del movimento del carico, provocando un’oscillazione sulla posizione desiderata.

Standard Dual Loop

I componenti primari di un circuito di controllo a doppio encoder possono essere visti in Figura 1 dove il filtro di controllo PID è suddiviso in due parti. L'anello interno è costituito dal guadagno derivativo (termine D) che riceve il feedback di velocità dall'encoder motore. Questo parametro è responsabile per avere stabilità nel sistema. Il feed forward di velocità (FV) viene utilizzato per compensare il ritardo di fase tra il ciclo interno ed esterno.

block diagram of the standard dual loop pid filter
Figura 1 - Diagramma di blocco di un filtro PID dual loop standard.

Il loop esterno è composto da un guadagno proporzionale (termine P) e guadagno integrale (termine I) che chiude il loop di posizione tramite l’encoder posto sul carico. Questo è anche noto come filtro PI. Il termine P è responsabile della reattività del sistema mentre il termine I è usato per compensare l'errore di posizione stazionario del carico. La contropartita in un filtro di controllo a doppio loop è che la fase di tuning è più complessa di un filtro PID standard, inoltre deve essere impiegata una diversa metodologia di ottimizzazione per mettere a punto questo tipo di controllo.

Advanced Dual Loop

Un doppio loop standard correttamente stabilizzato tramite un opportuno tuning è in grado di compensare imperfezioni meccaniche e posizionare accuratamente un carico, ma non è sempre in grado di raggiungere i requisiti dinamici richiesti dal sistema. Per le applicazioni che richiedono una maggiore larghezza di banda passante è necessario un sistema di controllo più avanzato.

La differenza principale nel dual loop avanzato è l’aggiunta di un ulteriore termine P al ciclo interno. Questo ha il vantaggio di aggiungere reattività e rigidità al circuito interno. Da questa modifica deriva un aumento della risposta del sistema.

advanced dual loop block diagram of pi outer and pd inner loop filters
Figura 2 - Diagramma di blocco dual loop avanzato dei filtri di controllo esterni PI ed interni PD.

L'aumento della larghezza di banda in questo caso genera una ulteriore complessità nell’anello di controllo. Il doppio circuito avanzato può essere descritto con precisione come dotato di due filtri di controllo distinti, uno per ciascun encoder nel sistema. La difficoltà sta nell'ottimizzare entrambi i filtri per lavorare insieme per raggiungere i requisiti prestazionali del sistema.

Esempi di sistemi con diverse soluzioni con loop duali

Per le finalità di questo articolo è stato costruito un sistema di traslazione lineare impiegando una trasmissione non ideale. Il sistema è stato realizzato utilizzando un motore rotativo brushless accoppiato, tramite una trasmissione cinghia-puleggia, ad una vite a ricircolo di sfere. Il carrello scorre lungo due aste levigate con cuscinetti lineari. Il carico posizionato era accoppiato al carrello attraverso un supporto di plastica. Uno schema dell'apparato di prova può essere visto in Figura 3.

Ci sono varie imperfezioni meccaniche in questa trasmissione che contribuiscono ad incrementare l’errore di posizione. La cinghia è soggetta a giochi e allungamenti che possono causare risonanze. La vite a sfera avrà delle variazioni di gioco e imprecisioni del passo. Infine, l'errore di posizione del carico può essere introdotto mediante la flessione del componente in plastica che accoppia il carrello con vite a sfere al carico o dal disallineamento dei componenti che costituiscono il gruppo di azionamento.

Verranno confrontate tre configurazioni:
  • Encoder solo sul motore
  • Standard Dual Loop
  • Advanced Dual Loop
Per ciascuna configurazione di controllo, il motore verrà regolato utilizzando i seguenti parametri:
  • Spostamento: 25,4 mm (1 pollice)
  • Accelerazione: 500 mm/s2
  • Decelerazione: 500 mm/s2
  • Velocità: 178 mm/s
La regolazione dei guadagni tenterà di raggiungere i seguenti obiettivi:
  • L’errore di posizione durante il movimento deve essere compresa tra +/- 30μm
  • Minimizzare il “settling time” per portare l’errore di posizione a movimento eseguito entro i +/-15μm.
schematic of test system constructed with a non ideal drivetrain
Figura - Schema di un sistema di test realizzato con un sistema di trasmissione non ideale.

Innanzitutto, è necessario calcolare la risoluzione teorica del carico. Ciò avviene partendo dalla risoluzione dell’encoder del motore e tenendo conto del rapporto di trasmissione della puleggia e del passo della vite. La risoluzione lineare teorica con un encoder motore con 4.000 conteggi per giro è:

theoretical resolution of load
Equazione 1 - Risoluzione teorica del carico

Ciò si traduce in una risoluzione di 1,25 μm. Il sistema richiede che il carico sia posizionato entro +/- 15 μm o +/- 12 conteggi encoder motore. Per misurare questo, la risoluzione minima per un encoder collegato al carico dovrebbe essere 7 μm (almeno metà della precisione richiesta) o 143 conteggi per mm. Ai fini del presente studio, per la regolazione e il posizionamento del carico è stato utilizzato un encoder con 250 conteggi per mm, mentre per la caratterizzazione del sistema è stato utilizzato un encoder con 1.000 conteggi per mm.

Bisognerà caratterizzare l’errore di posizione per vedere se i requisiti di sistema sono soddisfatti dalla configurazione corrente. Il gioco è stato misurato azionando il motore avanti e indietro fino a quando il movimento viene rilevato dall'encoder lineare fissato al carico. Questo valore include il gioco dalla cinghia in condizioni di carico ridotto e nella vite a ricircolo di sfere. La distanza totale che il motore deve spostare per assorbire il gioco è di 5 conteggi del feedback del motore e rientra nei requisiti di sistema per la precisione della posizionale.

Anche la variazione del passo o il disallineamento possono influire sulla precisione del posizionamento del carico. L'errore di posizione del carico è la differenza tra dove il carico dovrebbe essere se il sistema di trasporto fosse perfetto e la posizione reale letta direttamente dall’encoder sul carico. La posizione del carico è stata letta utilizzando un encoder con 1.000 conteggi per mm. I dati sono stati raccolti eseguendo l'intera lunghezza della vite a ricircolo di sfere in entrambe le direzioni e facendo una media. Il campionamento è stato eseguito senza carico e con una frequenza di 125 conteggi al secondo.

I risultati di questo test sono mostrati nella Figura 4. È evidente che l’avanzamento del motore lungo la vite a sfere può causare un errore che cambia costantemente. Al suo massimo, la posizione del carico si discosterà di 82 μm, che è oltre i requisiti iniziali stabiliti per questo sistema. La fonte di questi errori è dovuta a difetti di fabbricazione. Questo profilo di errore varia da sistema a sistema in quanto dipende interamente dalle tolleranze all'interno di ciascun componente.

load position error vs displacement along lead screw
Figura 4 - Errore di posizionamento del carico VS spostamento lungo il carico.

Infine, c’è l’errore introdotto dalla cinghia. Questo è stato misurato bloccando il carico e muovendo il motore in direzione positiva e negativa per misurare la cedevolezza della cinghia. Questa è stata misurata in circa +/- 550 conteggi encoder motore (688 μm). È chiaro che il più grande contributo che porta a errori di posizione sia nella trasmissione e che il sistema attuale non soddisfa i requisiti di precisione richiesti. Oltre all'errore di posizione, la cinghia aggiunge anche risonanza a una frequenza di circa 34 Hz. Una volta caratterizzato il sistema procediamo con l’analisi delle tre configurazioni di controllo possibili per stabilire quale delle tre da i migliori risultati.

La prima opzione è utilizzare l’encoder del motore per posizionare il carico. In questa configurazione, la posizione del carico presenterà errori introdotti dalla trasmissione senza possibilità di correzione. Dopo aver tarato il sistema, il carico è stato posizionato nel mezzo della corsa e il profilo di movimento è stato tracciato (mostrato in Figura 5). La fine del movimento è contrassegnata da una linea verticale a 472 ms come riferimento.

L'errore teorico di posizione del carico, dato che si impiegherà solo l'encoder motore, è mostrato in rosso sul grafico inferiore e si trova sempre entro la banda di errore accettabile e converge rapidamente a zero quando lo spostamento è terminato. L'errore effettivo di posizionamento, misurato dall’encoder sul carico (mostrato in verde sul grafico di fondo) presenta un errore stazionario di -137 μm all'inizio del movimento. Il carico oscilla durante lo spostamento e infine si ferma con un errore stazionario di -110 μm, al di fuori della banda di errore accettabile. Sulla base di questi risultati, il motore è stabile ma il sistema non è in grado di posizionare il carico alla precisione richiesta.

motion profile and error of the system with a single motor encoder
Figura 5 - Profilo di moto ed errore del sistema con singolo encoder sul motore.

Come seconda configurazione è stato impiegato lo “Standard dual loop” nel tentativo di aumentare la precisione e la ripetibilità del sistema. L'errore durante lo spostamento non supera i 55μm, mostrato in Figura 6. Questa configurazione di controllo controlla la posizione utilizzando l'encoder sul carico. Per questo motivo, l'errore dell'encoder motore viene omesso dal grafico e l'analisi si concentra sull'errore di posizione del carico. L'errore si stabilizza nella finestra richiesta (+/-15 μm) entro 112 ms dalla fine del movimento. Possiamo quindi concludere che aggiungendo un encoder sul carico e utilizzando lo “Standard dual loop”, il sistema è stato in grado di convergere sempre ad un errore stazionario di 0 conteggi e con una finestra di errore molto più piccola. Nonostante questo miglioramento rispetto alla configurazione con solo l’encoder motore, l'errore d’inseguimento durante il movimento non è ancora accettabile essendo superiore ai  +/- 30 μm richiesti; occorrerà quindi implementare ulteriori miglioramenti.

motion profile and error of the system with the standard dual loop
Figura 6 - Profilo di moto ed errore del sistema con il dual loop standard.

Come ultima configurazione è stato impiegato l’”Advanced dual loop”. Dopo la taratura è stato eseguito il movimento di caratterizzazione ed è stato registrato il profilo di moto. L'utilizzo dell’”Advanced dual loop” è stato in grado di ridurre l'errore massimo durante lo spostamento al di sotto di 30 μm, come mostrato in Figura 7. Per quanto riguarda l’errore di posizione a movimento avvenuto si è ottenuto che dopo 108 ms dalla fine del movimento lo stesso fosse all’interno di un conteggio encoder (1,25 μm). Anche gli effetti delle risonanze sono stati ridotti ad un livello accettabile.

results from turning the system with advanced dual loop
Figura 7 - Risultati ottenuti con tuning del sistema con dual loop avanzato.

L’asse su cui si sono effettuati i test presentava un gioco complessivo di 6 μm, una deviazione massima di 82 μm, dovuta alla variazione del passo vite e ai disallineamenti, e una cedevolezza di 688 μm dovuta all’elasticità della cinghia.

Il sistema richiedeva che la precisione della posizione finale fosse inferiore a 15 μm e che l'errore di posizione fosse entro +/- 30 μm per la durata dello spostamento. L’impiego dell’”Advanced dual loop” è stato in grado di spostare con successo il carico con meno di 30 μm di errore durante il movimento e di stabilizzarsi a 1,25 μm di errore entro 108 ms dalla fine dello stesso. Con questa configurazione, è possibile soddisfare i requisiti di sistema per precisione e ripetibilità.

Riassumendo

L'utilizzo di una trasmissione meccanica per effettuare un posizionamento può comportare errori di posizione del carico e talvolta può aggiungere instabilità o risonanze al sistema. Sistemi di trasmissione che non dovessero soddisfare i requisiti di precisione possono trarre beneficio dall'aggiunta di un feedback di posizione sul carico e dall’utilizzo del semplice controllo “Standard dual loop”. Questa è una funzione disponibile standard su tutti i controllori Galil della generazione corrente ed è applicabile con encoder incrementali in quadratura, SSI o BiSS. I sistemi che invece richiedono un ulteriore aumento della banda passante possono trarre vantaggio dall’utilizzo dell’”Advanced dual loop”. Questa modalità di compensazione avanzata è disponibile tramite un firmware speciale.

Contattare un Application Engineer di Servotecnica per domande relative ai metodi di compensazione dual loop o per discutere come affrontare al meglio i requisiti della Vostra applicazione.

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Encoder Ottici vs Encoder Induttivi

Martedì, 03 Ottobre 2017

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Encoder Ottici vs Encoder Induttivi

Gli encoder ottici sono la scelta preferita dai produttori di macchinari sin dagli anni ‘70. Sono distribuiti da un alto numero di produttori e trovano spazio in una larga varietà di macchine industriali quali stampanti, macchine utensili CNC e robot. I tradizionali sensori di posizione induttivi, come resolver o LVDT, risalgono agli anni ’40 ma meno impiegati. Sono una valida alternativa se utilizzati in ambienti difficili come in abito aerospaziale, nella difesa, nel settore petrochimico, in situazioni tali che la loro robustezza e affidabilità fanno accettare il costo elevato il peso e la massa maggiore rispetto alle soluzioni ottiche. Tuttavia, un nuovo tipo di sensore induttivo sta guadagnando quote di mercato in molti settori, parliamo degli “incoder” che si possono considerare come una tecnologia ibrida tra ottico e induttivo. Disponendo di così tante e diverse tecnologie, per il progettista non è semplice fare una scelta ponderata. Questo articolo cerca di confrontare gli encoder ottici e induttivi esaminandone i pregi e le debolezze.

Cos’è un Encoder?

Va data innanzitutto una definizione di questo componente. Un encoder è un dispositivo che converte la posizione o il movimento in un segnale elettrico, solitamente con un codice digitale. Le definizioni sono molteplici infatti si parla di encoder rotanti, encoder angolari, sensori angolari, trasmettitori d’angolo. Per semplificare useremo il termine encoder che possono essere rotanti o lineari.

Una distinzione importante è se l’encoder sia assoluto o incrementale. In un encoder assoluto il segnale elettrico indica la posizione angolare o lineare subito dopo l’accensione. Gli encoder incrementali forniscono solamente informazione se c’è movimento. Alcuni encoder incrementali fornisco anche un segnale di riferimento, chiamato Index o Home, che si impiega come dato da cui far partire gli incrementi o i decrementi della posizione dell’albero.

Sono maggiormente impiegati gli encoder incrementali rispetto a quelli assoluti, anche se si sta invertendo questa tendenza soprattutto nelle nuove applicazioni. In molti settori come la robotica e nei sistemi di automazione si preferisce avere la posizione già in fase di accensione, senza dover prevedere una routine di azzeramento della posizione andando a trovare un punto di riferimento, che comunque prevede un movimento dell’asse interessato.

Il segnale elettrico generato dagli encoder incrementali sono due segnali A/B. Questo fa riferimento a 2 o più segnali in bassa tensione in quadratura tra loro che cambiano lo stato da alto a basso al cambiare della posizione. La direzione del movimento viene determinata tramite il flusso dei segnali A rispetto a B se sono in anticipo o se sono in ritardo. Per gli encoder assoluti il protocollo di comunicazione più comune è SSI (Synchronous Serial Interface) che tramite una comunicazione digitale a bit indicano la posizione assoluta.



Cos’è un Encoder Ottico?

In un encoder ottico è presente una sorgente luminosa che trasmette la luce verso un disco che presenta delle aperture che permettono il passaggio della luce e lo impedisce se non c’è apertura. Queste aperture o chiusure vengono chiamate “grating”o “griglia”. Un rilevatore ottico opposto al trasmettitore rileva la presenza o l’assenza di luce e genera un segnale elettrico corrispondente. Grazie alla griglia si determina lo spostamento angolare e se l’albero dell’encoder è in movimento e in quale direzione. Si possono arrivare a griglie con marcatura moto piccola, fino al micron, consentendo misure con elevato grado di precisione.

   
Figura 1 - Optical encoders use an optical sensor and an optical disk to measure angle.

Normalmente l’albero dell’encoder viene collegato meccanicamente alla parte mobile della macchina. L’albero dell’encoder ha dei cuscinetti di supporto e porta il disco ottico che è interposto tra emettitore e rilevatore. La connessione elettrica avviene tramite un cavo multicolore che fornisce l’alimentazione in corrente continua e trasporta i dati in uscita della posizione dell’encoder. La semplice interfaccia elettrica combinata alla facile reperibilità li rende facili da impiegare. Il punto debole è la sensibilità verso le vibrazioni, urti, materiali estranei e temperature estreme. Non vi è nessun avviso di un imminente errore, e questo può causare una segnalazione errata della posizione se non addirittura nessuna lettura, che può causare problemi molto rilevanti all’apparecchiatura. Quando i diametri sono di notevole dimensione si impiegano encoder ad anello; in questo caso la tolleranza tra testina di lettura ottica e la griglia ha tolleranze meccaniche molto ristrette che li rende molto sensibili verso polveri o particelle di sporco. Questi fattori scoraggiano l’impiego di encoder ottici in sistemi che richiedo alta affidabilità e sicurezza.

  • Punti di forza: Elevata risoluzione, largamente disponibile, elevata accuratezza
  • Punti di debolezza: delicati, sensibili a contaminazione esterna, possibilità di guasti importanti, range di temperatura limitato (-20°C to +70°C)


Cos’è un encoder induttivo?

Un encoder induttivo, spesso chiamato Incoder, utilizza principi induttivi per misurare la posizione di un rotore rispetto allo statore. Gli Incoder meccanicamente sono paragonabili ai resolver o agli LVD, ma la loro interfaccia elettrica è simile a un encoder ottico con un semplice alimentatore e segnale digitale in uscita.

Molti resolver tradizionali sono più simili ad un motore elettrico con avvolgimenti in rame sullo statore e un rotore metallico. L’accoppiamento induttivo sugli avvolgimenti statorici varia in base alla posizione del rotore. Anziché impiegare una tecnica costruttiva come quella impiegata nei trasformatori, gli Incoder usano circuiti stampati sia per lo statore che per il rotore, rendendoli meno ingombranti, più accurati e meno costosi da produrre.

I resolver e gli LVDT hanno dimostrato col tempo la loro affidabilità, precisione, robustezza e quindi vengo spesso impiegati in applicazioni ad alta affidabilità e sicurezza. Gli Incoder sono altrettanto facili da integrare come quelli ottici, richiedono solo un’alimentazione DC e forniscono un segnale digitale in uscita che rappresenta la posizione. Questo permette di paragonarli, in termini di vantaggi ai resolver, senza averne gli svantaggi.

Poiché gli Incoder non utilizzano componenti ottici non sono sensibili ai materiali estranei e non hanno limitazione dovute alla temperatura. Inoltre la misurazione della posizione non richiede un montaggio meccanico con alte tolleranze tra parte statorica e parte rotorica. Non necessitando di cuscinetti si ottengono anelli molto sottili e con grande foro passante che, con il peso ridotto, ne fanno una soluzione estremamente performante nei giunti rotanti, nei bracci robotizzati e negli attuatori.

 
Figura 2 - Examples of Inductive Encoders Gli Incoder sono disponibili con ampie misure sino a 600 mm di diametro, sono impiegati con successo nelle macchine utensili, sistemi aerospaziali, difesa e attrezzature mediche.
  • Punti di forza: Alta risoluzione, accuratezza, affidabilità, robustezza, lunga durata, tollerante a disallineamenti
  • Punti di debolezza: range di temperatura esteso (-100°C + 125°C)*
    *più ampio degli ottici ma non tanto quanto i resolvers


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Encoder Induttivi vs Encoder Capacitivi

Lunedì, 11 Settembre 2017

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Encoder Induttivi vs Encoder Capacitivi

Gli encoder capacitivi o induttivi possono sembrare, a prima vista, molto simili e gli aspetti che li differenziano possano apparire confusi. Entrambi utilizzano una tecnica di non contatto per la misurazione della posizione, e entrambi possono essere costruiti impiegando circuiti stampati. Tuttavia i principi fisici su cui si basano sono piuttosto diversi.
Questo articolo spiega queste diversità confrontandone i lati positivi e negativi che entrambe le soluzioni presentano.

Sensori Capacitivi – Principio di funzionamento

La scoperta della possibilità di immagazzinare grosse quantità di energia elettrica, è da attribuire allo scienziato Ewald George von Kleist, inventore del primo condensatore. Questo componente è formato da due piastre (o facce) conduttive separate da un materiale dielettrico, tipicamente aria, plastica o ceramica. Un semplice modello matematico del condensatore è mostrato in Figura 1.

esempio di condensatore semplice
Figura 1 - Un condensatore semplice

La permittività elettrica Ԑ, ovvero la quantità di energia elettrica trattenuta da un materiale non conduttore sottoposto ad un campo elettrico, è costituita da due parti Ԑr e Ԑ0 dove Ԑr è la permittività statica relativa (anche chiamata costante dielettrica) del materiale tra le due piastre, Ԑ0 la permittività statica nel vuoto. (Ԑ0 = 8.854E-22 F/m).

Il principio capacitivo è utilizzato in dispositivi quali telefoni, tablet, cellulari che impiegano la tecnologia touch screen, ovvero rilevano la presenza o l’assenza di un dito grazie alla variazione della costante dielettrica Ԑr che va a cambiare la capacità.

Una seconda applicazione è rappresentata dal sensore capacitivo di spostamento ovvero una riga lineare capacitiva o un encoder capacitivo rotativo; questi sensori lavorano sulla variazione di capacità tra le facce del condensatore. Come si può notare dalla Figura 1 la capacità varia in proporzione alla distanza tra le facce (d) e all’area di sovrapposizione (A). Lo spostamento può essere misurato assialmente variando d, oppure in direzione planare variando l’area di sovrapposizione A. Le facce del condensatore possono essere costruite impiegando circuiti stampati, il che permette un notevole vantaggio in termini economici. Per memorizzare qualsiasi quantità significativa di carica la dimensione d deve essere piccola rispetto all’area delle piastre. Solitamente d è 1 mm. I sensori capacitivi lineari o rotativi, sono costruiti in modo tale che lo spostamento provochi una variazione in A o in d. In altre parole una faccia è sull’elemento mobile del sensore mentre l’altra faccia è sull’elemento fisso. Mentre i 2 elementi si spostano tra loro si ha una variazione della superficie capacità C del condensatore.

Purtroppo la capacità è anche influenzata da fattori diversi dallo spostamento. Se il materiale dielettrico è circondato da aria, la sua permittività varia sia con la temperatura sia con la presenza di umidità, infatti l’acqua ha una diversa costante dielettrica rispetto all’aria; cambiando la permittività cambia di conseguenza la capacità. A meno che il materiale dielettrico non venga sigillato, i sensori capacitivi non sono adatti a lavorare in ambienti con sbalzi termici elevati o con probabilità di condensazione e/o variazioni di umidità.
La necessità intrinseca di avere una distanza tra le facce del sensore molto contenuta rispetto alle dimensioni delle facce stesse, comporta una grande precisione meccanica per l’installazione. Questo fattore implica un aumento notevole del costo di installazione; Oltretutto si dovrà tenere contro anche dell’espansione termica e dell’influenza che possono avere eventuali derivanti dalla struttura esterna al sensore che avranno ripercussioni sulla distanza tra e facce del condensatore e causando una distorsione della misura.

Inoltre l’effetto capacitivo si basa sulla conservazione della carica elettrica nel condensatore. Se il sistema attorno al sensore genera cariche elettrostaiche, queste possono influenzare negativamente la misurazione. In casi estremi il sensore non funziono affatto o, peggio ancora, il disturbo elettrostatico genererà una misurazione credibile ma errata. La messa a terra del sistema meccanico su cui viene installato il sensore, può essere una soluzione ed è indispensabile per i sensori angolari capacitivi in cui l’albero rotante genera cariche statiche derivanti dal rotolamento dei cuscinetti, dagli ingranaggi o dalle pulegge.

Sensori induttivi – Principio di funzionamento

Nel 1831, Michael Faraday, scoprì che una corrente alternata che percorre un conduttore può indurre una corrente in senso opposto in un secondo conduttore affiancato al primo. Questo principio di induzione viene ampliamente usato come base di misura della posizione e della velocità nei resolver, nei synchro e negli LVDT. La teoria di base può essere spiegata considerando 2 avvolgimenti, uno definito trasmettitore (Tx) a quale si applica una corrente alternata, ed il secondo che funge da ricevitore (Rx) nel quale viene indotta una corrente:

Legge induzione di Faraday
Figura 2 - Principio induzione di Faraday

La tensione nell’avvolgimento di ricezione è funzione dell’area delle bobine, della geometria della distanza tra le due. Tuttavia, come con i sensori capacitivi, anche per i sensori induttivi diversi fattori possono influenzare il comportamento delle bobine. La temperatura è uno di questi, ma può essere eliminato semplicemente impiegando più bobine di ricezione e calcolando la posizione dal differenziale tra i segnali ricevuti (come in un trasformatore differenziale). Di conseguenza se la temperatura cambia, l’effetto viene annullato poiché il differenziale tra i segnali ricevuti è inalterato per una data posizione.

A differenza dei sistemi con tecnologia capacitiva, quelli con tecnologia induttiva sono meno influenzati dagli agenti esterni come acqua e particelle. Poiché le bobine possono essere distanziate in modo rilevante, la precisione meccanica per l’installazione è meno importante e i due elementi, quello fisso e quello mobile hanno tolleranze di montaggio abbastanza elevate. Ciò aiuta a ridurre i costi di installazione e permette l’incapsulamento dei componenti permettendo ai sensori di resistere a sollecitazioni esterne come vibrazioni, essere immune a sostanze gassose o presenza di polvere.

I sensori induttivi forniscono una soluzione ottimale per quelle applicazioni che prevedono un alloggiamento in ambienti particolari tipici delle applicazioni per la difesa, aerospaziale e nell’industria petrolifere.

Uno dei maggiori inconvenienti dei sensori induttivi è che per la costruzione impiegano delle bobine di ferrite che devono essere costruite con particolare accuratezza per ottenere una misurazione precisa della posizione. Un numero significativo di bobine deve essere impiegato per ottenere un segnale elettrico stabile e questo li rende ingombranti, pesanti e costosi.

Si pensa che i sensori induttivi siano particolarmente sensibili a disturbi elettromagnetici ma l’impiego, con successo, dei resolver come elemento adatto per pilotare la commutazione e controllare la velocità dei motori smentisce completamente questa teoria. Sia i resolver che gli LVDT sono la soluzione per applicazioni aerospaziali o civili già da molti anni.

Un differente approccio ai sensori induttivi

Un approccio diverso ai sensori induttivi è quello di impiegare una tecnologia di stampa laminare per la realizzazione delle bobine anziché impiegare le bobine in ferrite, ed è la soluzione impiegata da Zettlex. Questo comporta che gli avvolgimenti possono essere prodotti in rame inciso o stampato su differenti varietà di pellicole in poliestere o carta oppure laminati su ceramica. In questo modo si realizzano avvolgimenti molto precisi raggiungendo una prestazione di misura molto maggiore a costi contenuti, peso degli avvolgimenti contenuto pur mantenendo inalterata la robustezza.

sensore induttivo zettlex sporco ma perfettamente funzionante con circuiti stampati multistrato
Figura 3 - Esempio di un Sensore a Induzione sporco ma perfettamente funzionante con circuiti stampati multistrato

Gli IncOder Zettlex sono dispositivi senza contatto tra i due elementi principali, ciascuno a forma di anello. L’ampio foro rende più facile il montaggio su alberi passanti, su collettori rotanti, fibre ottiche, tubi e cavi. IncOrder non richiedono un montaggio meccanico con alte tolleranze, il rotore e lo statore possono facilmente essere avvitati alle parti meccaniche della macchina. La misurazione non viene influenzata da elementi esterni e sono ideali per ambienti difficili in cui i dispositivi capacitivi potrebbero risultare inaffidabili.

In conclusione

I benefici dei tre differenti sensori sono indicati nella tabella sottostante. Si può notare che dei tre sistemi quello con approccio induttivo non tradizionale, impiegato da Zettlex, è quello che elenca il maggior numero di vantaggi.

  Capacitive Inductive (Traditional Coils) Inductive (Printed Coils)
High Resolution  x  x  x
High Repeatability   x  x  x
High Accuracy  x  x  x
Resilience to Dirt, Water or Condensation    x
Resilience to electrostatic effects   x  x
Robust EMC Operation   x  x  x
Low Thermal Drift      x
Easy to Install    ?  x
Compact  x    x
Lightweight  x    x
Economical  ?    x
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Encoder per controllo di velocità ultra lento

Giovedì, 13 Luglio 2017

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Encoder per controllo di velocità ultra lento
Generalmente quando si parla di Motion Control si pensa a sistemi ad alta velocità con rapidi cambiamenti di direzione. Poter controllare il moto in queste condizioni comporta sicuramente delle notevoli sfide tecniche; sfide tecniche che si presentano quando si vogliano controllare movimenti a bassissima velocità tipica ad esempio per telescopi o sistemi di puntamento, telecamere a circuito chiuso e in genere nei sistemi di sorveglianza. Questa sessione esamina le problematiche derivanti da un sistema a velocità ultra lenta sia dal punto di vista del sensore di posizione o di velocità, sia da parte del controllore di moto.



Considerando una telecamera mobile PTZ (Pan/Tilt/Zoom) a brandeggio, comunemente chiamata “Gimbal System” per video sorveglianza verso le frontiere, non è raro doversi concentrare su oggetti distanti anche 20 Km dalla telecamera. Quando l’oggetto si muove diventa complesso poterlo seguire perché il campo visivo è molto ristretto e l’obbiettivo può scomparire rapidamente.

encoder pan tilt zoom camera - zettlex

Se l’obbiettivo si muove a 20 Km/ora ad una distanza di 20 Km la telecamera dovrà ruotare a 0,05 RPM, velocità decisamente bassa. Per poter tenere l’obbiettivo all’interno dell’area visibile e centrato rispetto all’area stessa, bisogna controllare accuratamente questa bassissima velocità ed essere rapidi a seguirne i cambiamenti di direzione. Diventa indispensabile impiegare encoder con risoluzione da 18 a 22 bit con risoluzioni pari 4194304 counts/giro, tali da garantire comunque dei movimenti omogenei anche a bassissime velocità.

L’approccio tradizionale è quello di utilizzare un encoder sul motore accoppiato ad un riduttore. Maggiore è il rapporto di riduzione maggiore sarà la risoluzione dell’encoder vista dal controllo, proporzionalmente il sistema complessivo avrà minore dinamica e reattività, oltre ad inserire inevitabilmente giochi meccanici. Tutto questo porta all’impossibilità di seguire oggetti in movimento, se non quelli posti ad una distanza non elevata. L’alternativa e di utilizzare un encoder ad alta risoluzione direttamente sull’albero di uscita del riduttore per la chiusura del loop di posizione, contemporaneamente a quello posto sul motore responsabile del loop di velocità; il tipo di controllo viene definito dual-loop e garantisce che il backlash del riduttore vengano eliminati ottenendo un sistema altamente dinamico. Questo approccio viene impiegato grazie allo sviluppo avvenuto nei sensori di posizione, ora disponibili, ad alta risoluzione accompagnato allo sviluppo di Motion Control altamente performanti.


Encoder tradizionali ad alta risoluzione

Tradizionalmente quando si parla di encoder ad alta risoluzione, ovvero superiori a 18 bit equivalenti a 1000000 di counts/giro, si individuano soluzioni con resolver, encoder ottici o capacitivi. I resolver di alta risoluzione sono notoriamente costosi e possono presentare problemi ingegneristici a causa degli ingombri, del peso e delle tolleranze meccaniche di montaggio, molto stringenti. Gli encoder ottici o capacitivi ad anello sono altrettanto costosi e richiedo meccaniche di precisione per essere impiegati. A differenza dei resolver, che sono molto robusti, gli encoder ottici sono molto sensibili alle vibrazioni e agli urti impiegando dischi di vetro, inoltre la temperatura di esercizio è molto limitata. Sia le versioni ottiche che capacitive soffrono di problemi di affidabilità in presenza di polvere o condensa. I sensori ottici di alta risoluzione, impiegando dischi di vetro incisi, sono particolarmente sensibili a corpi estranei.


Encoder induttivi di nuova generazione

Le tradizionali tecniche per raggiungere alte risoluzioni hanno delle limitazioni, la richiesta di soluzioni innovative è sempre più pressante. Una risposta a queste richieste viene con la nuova generazione di encoder induttivi che offrono risoluzioni sino a 4 milioni di conteggi per giro (22 bit). Gli encoder induttivi, a volte definiti col termine “incOders”, presentano la stessa robustezza meccanica dei resolver, offrono alte risoluzioni senza parti in contatto, possono lavorare in ambienti sporchi essendo immuni a polveri o a corpi estranei e, in fine, possono lavorare in presenza di liquidi o di condensa; sono la soluzione per i progettisti per encoder che debbano lavorare in ambienti difficili, senza doversi occupare di chiuderli in contenitori stagni come invece è necessario se si impiegano encoder ottici o capacitivi. Questi nuovi sensori di posizione possono facilmente essere impiegati con i controlli di nuova generazione Galil. Tempi di campionamento inferiori a 100µsec permettono di controllare in modo ottimale motori che ruotano a bassissime velocità e, grazie alla banda passante di 20 MHz, si possono ottenere contemporaneamente un ottimo sistema anche a velocità elevate. L’integrazione del controllo “dual loop” e particolari filtri antirisonanti agevolano una messa in funzione rapida ed efficace.
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Direct Drives e Direct Sensors

Giovedì, 13 Luglio 2017

www.zettlex.com

Direct Drives e Direct Sensors
Parlare al giorno d’oggi di motori diretti, o direct drive, è in molti settori dell’automazione industriale una tecnologia assodata mentre questa tipologia di motorizzazioni trova sempre più ampio impiego anche in campi fino ad oggi riservati a sistemi più tradizionali. Questo articolo confronta le possibili soluzioni cercandone i vantaggi e i punti critici.


Terminologia

Teoricamente il termine motore diretto o direct drive può essere applicato a qualsiasi motore a cui venga applicato direttamente il carico senza altri elementi di trasmissione quali ingranaggi, pulegge, catene, riduttori. Solitamente si riferisce all’impiego di motori sincroni a magneti permanenti brushless, che trasmettono direttamente la loro coppia al carico. Spesso si sviluppano lungo il diametro, contenendone contemporaneamente l’altezza e caratterizzati da un foro passante. Vengono individuati come motori coppia e sviluppano una coppia costante a tutte le velocità, sino alla nominale.

Come funziona un direct drive?

I motori diretti funzionano in modo simile ai motori brushless. I magneti sono collegati al rotore mentre gli avvolgimenti sono disposti sullo statore del motore. Quando gli avvolgimenti sono energizzati, producono un campo magnetico che attira o respinge i magneti del rotore provocandone una rotazione controllata. Esistono sia direct drive rotativi che lineari.

configurazione motore diretto con sensore di posizione - Zettlex

I motori diretti hanno solitamente un numero elevato di poli (>20 e talvolta > 100); sono disponibili motori torque da 1 mt di diametro, in grado di produrre coppie sino a 10 KNm. Molti si presentano come frameless ovvero senza alloggiamento e senza cuscinetti e sensore di retroazione. Questo permette ai costruttori di macchine, o agli integratori, di semplificare la loro struttura di alloggiamento, di dimensionare in proprio l’albero e i cuscinetti ottimizzandone la forma, le dimensioni, il peso e le prestazioni dinamiche.

Il rapporto coppia/inerzia è più elevato rispetto ai tradizionali motori brushless, inoltre presentano una bassa costante elettrica. Ciò significa che la coppia viene applicata rapidamente quando si applica tensione raggiungendo un’ottima rigidità del sistema. I motori tradizionali sono progettati per generare coppia massima a velocità elevate, tipicamente oltre 1000 RPM, e dimensionati sulla potenza nominale. I motori torque sono invece normalmente dimensionati sulla coppia massima e continua anziché sulla potenza.

Pro e contro

I maggiori vantaggi dell’impiego di motori diretti sono:

Elevata prestazione dinamica e accuratezza nel controllo della posizione e della velocità
  • Assenza di giochi e usura
  • Elevata affidabilità: non essendoci parti meccaniche come ingranaggi, pulegge, guarnizioni, cuscinetti
  • Compattezza: sviluppandosi sul diametro hanno un’altezza minore e dispongono di un foro centrale
  • Altro rapporto coppia/inerzia e altro rapporto tra coppia e massa del motore diretto
  • Basso ripple (cogging) di coppia
  • Alta coppia a bassi giri
  • Alta efficienza energetica: dovuta alla mancanza di elementi meccanici aggiuntivi
  • Bassa rumorosità e basse vibrazioni autoindotte
  • Assenza di manutenzione.
  • Bassi consumi per raffreddamento: vista la geometria meccanica particolarmente favorevole
  • Traferro relativamente grande: con buona resistenza agli urti e ottima soluzione in ambienti polverosi

Le ragioni che spingono un progettista a scegliere un motore diretto sono le possibili prestazioni ottenibili e una maggiore dinamica rispetto a soluzioni tradizionali. Soprattutto disporre di un foro passante è una soluzione per fare passare collettori elettrici, tubi pneumatici, cavi elettrici.

Lo svantaggio principale è spesso più percepito che reale; i direct drive sono a volte considerati più costosi dei motori tradizionali. Spesso è vero se paragoniamo semplicemente il costo delle motorizzazioni ma, una più attenta e ampia valutazione che tenga conto delle parti meccaniche che vengono eleminate, della semplificazione meccanica complessiva, della riduzione di manutenzione ne fanno, anche economicamente, una soluzione vincente. Inoltre il costo dei motori diretti sta gradualmente diminuendo, anche grazie alla disponibilità di magneti al neodimio ferro boro (Nd-Fe-B) più potenti e all’aumento esponenziale avuto nell’utilizzo di queste motorizzazioni. Un esempio tipico lo troviamo in applicazioni molto sensibili ai costi come le lavatrici in cui i motori tradizionali stanno per essere soppiantati dall’impiego di motori torque, eliminando cinghie e pulegge, rendendo la trasmissione del moto più silenziosa e affidabile. Le maggiori applicazioni di motorizzazioni dirette si possono trovare nelle macchine utensili CNC, nei sistemi di confezionamento, nella robotica, nei sistemi radar, in ambito militare, nelle telecomunicazioni, nelle tavole rotanti, nei telescopi. La gamma è sempre più ampia ed è prevedibile un ulteriore ampliamento nel prossimo futuro.

La maggior parte dei motori tradizionali presenta intrinsecamente un forte cogging di coppia ma, vista l’elevata velocità di esercizio, questo effetto risulta nella maggioranza dei casi irrilevante sulle prestazioni finali. I direct drive possono soffrire di questo inconveniente in modo più accentuato a meno di impiegare dei feedback con maggiore risoluzione. È sicuramente uno dei punti che ha rallentato l’impiego di queste nuove motorizzazioni, dovendo impiegare dei controlli più sofisticati per il comando degli stessi.

Ma anche nel campo dei controllori sono stati fatti notevoli implementazioni arrivando a tempi di campionamento maggiori di 4 KHz a costi accessibili.

Uno dei maggiori vantaggi dei motori torque è la trasmissione diretta e una maggiore precisione nel posizionamento, nel controllo della velocità e della dinamica. Invece di collegare il carico con un giunto, con catene o cinghie, con ingranaggi o pulegge un motore diretto si flangia al carico; non ci sono isteresi, giochi, movimenti persi qualsiasi sia la direzione del posizionamento. Ma questi vantaggi sono possibili solo in presenza di un dispositivo di retroazione ad alta risoluzione. I sensori di Hall, tipicamente impiegati per la commutazione di potenza, non offrono prestazioni adatte per consentire un posizionamento preciso e un adeguato controllo della velocità.

Se il foro del motore diretto è sufficientemente piccolo, inferiore a 50 mm, vi è un’ampia gamma di feedback basati su tecnologia ottica, magnetica o induttiva. Poiché la maggior parte dei sensori di posizione hanno una forma costruttiva che dispone di un piccolo albero di ingresso, questo ha comportato un problema nell’integrazione dei motori torque.

La prima opzione è di impiegare un encoder ottico, con alimentazione DC e uscita digitale assoluta o incrementale. Non sono adatti per ambienti con polveri o con liquidi, che comprometterebbero la generazione corretta dei segnali. Inoltre le tolleranze molto ristrette, gamma di temperatura di impiego ristretta, forte sensibilità a shock ne limitano l’impiego. Gli encoder capacitivi possono superare queste problematiche ma le possibili scariche elettrostatiche diventano un limite. Gli encoder magnetici hanno una precisione bassa a causa dell’isteresi magnetica e sono inoltre molto sensibili ai campi magnetici generati dal motore. La più tradizionale soluzione rimane l’impiego di resolver che danno una forte affidabilità e sicurezza applicativa, soprattutto in ambito aerospaziale e della difesa. Tuttavia sono molto ingombranti, pesanti e costosi, soprattutto quando dispongono di fori passanti superiori a 50 mm.


Un nuovo approccio

Una nuova tipologia di sensore di posizione viene sempre più impiegata come feedback dei motori torque, si tratti di sensori induttivi o incOders. Usano lo stesso principio elettromagnetico o induttivo dei resolver, ma invece degli avvolgimenti di trasformazione ingombranti, utilizzano circuiti stampati laminati, quindi meno costosi, più compatti e più leggeri. Invece dei complessi circuiti di alimentazione e elaborazione di segnali AC richiesti dai resolver, gli incOders utilizzano semplici interfacce elettriche simili a quelle impiegate dagli encoder ottici, alimentazione in DC e uscita digitale.

Gli incOders sono disponibili in formati assoluti o incrementali, segnali A e B, con risoluzioni fino a 22 bit, circa 4 milioni di conteggi per giro. Accuratezza inferiore a 40 arc-secondi, ovvero 0,01 ° e coefficiente di dilatazione termica molto bassa, inferiore a 0,5 ppm/K. Sono state migliorate le prestazioni dinamiche grazie alla possibilità di raggiungere velocità di rinfresco di 10 KHz. Anche costruttivamente sono l’ideale applicativo con un diametro largo, un profilo molto basso, un grande foro passante. Possono essere fissati meccanicamente al motore diretto senza ulteriori parti meccaniche come cuscinetti o guarnizioni o giunti.

sensore di posizione induttivo - Zettlex

La combinazione di incOders e motori torque è sempre più preferita da molti integratori, i risultati ottenuti confermano che permettono di controllare i posizionamenti in modo altamente affidabile, dinamico e preciso anche per sistemi in ambiente medicale, aerospaziale, industriale e petrolchimico.
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Controlli a loop chiusa per motori stepper

Venerdì, 23 Giugno 2017

www.galilmc.com

Controlli a loop chiusa per motori stepper
I motori passo-passo (o motori stepper) sono impiegati in applicazioni industriali ad ampio raggio. Sono poco costosi, semplici da utilizzare e offrono una coppia elevata a basse velocità. Tuttavia, questa tipologia di motorizzazione, presenta alcuni inconvenienti che devono essere considerati in fase di progettazione; possono perdere il passo se la coppia richiesta è maggiore di quella disponibile, la coppia cala drasticamente all’aumentare della velocità, hanno alte frequenze di risonanza e un elevato consumo energetico anche con il solo motore fermo. Galil ha tre metodi di pilotaggio a loop chiusa per minimizzare questi inconvenienti. Correzione sul punto finale del posizionamento, controllo microstepping a loop chiusa, pilotaggio del motore come un brushless a 2 fasi.

Come è fatto un motore passo passo
Motore Stepper o Passo Passo
Fonte:http://www.vincenzov.net/tutorial/passopasso/stepper.htm 


Le basi di un motore passo passo

Lo statore è un insieme di avvolgimenti ed il circuito magnetico è costituito da 4 o, più frequentemente, 8 "espansioni polari" (otto in quello mostrato fotografia). All'interno dello statore sono presenti piccoli denti che si affacciano a quelli del rotore. Gli avvolgimenti quando sono percorsi da corrente generano un campo magnetico.

All'esterno arrivano i fili di alimentazioni dei vari avvolgimenti dello statore; le fasi possono essere avvolte secondo due schemi: nei motori bipolari ci sono 2 soli avvolgimenti e escono 2 coppie di fili; nei motori unipolari ci sono 4 avvolgimenti avvolti a coppie in antiparallelo sulle espansioni polari.

Il rotore appare come una coppia di ruote dentate massicce e identiche tra loro, affiancate e solidali all'albero costituite da un nucleo magnetico; le due ruote sono magnetizzate, una come NORD, l'altra come SUD; i "denti" delle ruote sono in materiale ferromagnetico. Il numero di denti è variabile, 50 è il più frequente. Tra le due ruote è presente uno sfasamento esattamente pari ad 1/2 del passo dei denti: il dente di una delle due sezione corrisponde quindi alla valle dell'altra. Per far ruotare l’albero gli avvolgimenti vengono eccitati in una sequenza specifica. La Figura 2 mostra una semplificazione di questo processo in un motore bifase. Ogni sequenza corrisponde alla rotazione di uno step del rotore. Tipicamente ci sono 200 step per giro. Dal controllo escono 2 segnali, quello denominato Step che è un segnale ad onda quadra ad ogni impulso corrisponde uno spostamento di uno step fisico del motore; il secondo segnale è la Direzione che viene imposta dallo stato alto/basso del segnale.

Controllo loop chiusa per motori stepper - Galil
Fig. 2 - Sample full-step current and rotor position

I motori passo passo non sono immuni da difetti. Il primo è che il motore opera con la massima corrente in ogni condizione, portando a sprecare energia e aumentandone la temperatura di funzionamento. Il secondo difetto è l’introduzione di vibrazioni causate quando il rotore si sposta da uno step al successivo. Quando la frequenza di cambiamento tra step successivi equivale alla frequenza di risonanza del motore, l’ampiezza delle vibrazioni aumenta portando alla perdita della posizione.
Una condizione comune a tutti i motori è la drastica diminuzione della coppia all’aumento della velocità. È molto comune sbagliare la scelta del motore se non viene considerata questa caratteristica in fase di progettazione. Come ultimo inconveniente, nell’impiego dei motori passo passo, è la bassa risoluzione derivante dal numero di step per giro. Qualora si rendesse necessaria una maggiore risoluzione l’impiego della tecnologia microstepping può essere una valida soluzione.

Controllo loop chiusa per motori stepper - Galil
Fig. 3 - 24VDC Stepper MotorSpeed-Torque Curve


Microstepping

Il pilotaggio dei motori passo passo in microstepping è un metodo per suddividere il passo intero in incrementi più piccoli. Partendo da un microinterpolazione di 2 si può arrivare a 256 microinterpolazioni per passo intero, il che significa che un motore da 200 passi giro può avere una risoluzione sino a 51200 microstepping per giro. Nella Figura 4 si vede il dettaglio della forma d’onda della corrente per un singolo step incrementando il numero di microinterpolazioni.
Controllo loop chiusa per motori stepper - Galil
Fig. 4 - Current Waveform during Microstepping

L’accuratezza raggiungibile con questa tecnica di controllo dipende in gran parte dalla forza esterna applicata. L’accuratezza raggiungibile è di un passo intero, qualora l’errore di posizione fosse maggiore di mezzo passo intero si determinerebbe lo stallo del motore. Se l’attrito, la gravità o qualsiasi altra forza sono abbastanza grandi da impedire il movimento tra due microstepping si incorre in un errore di posizione. La Figura 5 mostra un posizionamento punto a punto in un sistema comandato da un motore stepper con encoder. La linea rossa è la posizione teorica, la linea viola rappresenta il comando verso il motore e la linea blu è la posizione misurata tramite l’encoder. La linea nera indica quando il controllo attiva il profilo di moto. A causa degli attriti la posizione finale del motore non equivale a quella comandata, causando uno stato di errore stazionario.

Controllo loop chiusa per motori stepper - Galil
Fig. 5 - Microstepping


Correzione sul punto finale

Impiegando un encoder come feedback è possibile riconoscere questa situazione di errore di posizione; la posizione finale può essere corretta imponendo un comando addizionale tale da portare la posizione reale a equivalere a quella voluta. Galil chiama questo modo di pilotaggio Stepper Position Maintenance o SPM. Il motore viene sempre pilotato in microstepping ma l’accuratezza del punto finale può essere verificata e aggiustata. Si compara infatti la posizione comandata con la posizione reale prima che il posizionamento sia finito. La Figura 6 mostra lo stesso sistema come in Figura 5 ma con pilotaggio SPM. Alla fine del movimento viene riconosciuto l’errore di posizione e viene inviato un comando di correzione in modo tale da portare il motore nella posizione voluta.

Controllo loop chiusa per motori stepper - Galil
Fig. 6 - Stepper position maintenance mode

Aggiungendo l’encoder il controllo può riconoscere e correggere l’errore presente nel sistema. Lo stesso movimento, che prima risultava in uno stato di errore di posizione stabile dovuto agli attriti presenti, può essere ora corretto.

Pilotaggio microstepping a loop chiusa

Il controllo tramite Stepper Position Maintenance mode è ideale per sistemi che richiedono precisione di posizionamento solo sul punto finale. Quando è necessaria una continua correzione dell’errore di posizione, Galil suggerisce l’impiego del sistema denominato Closed Loop Microstepping o CLS. La Figura 7 mostra un posizionamento in CLS mode. Oltre alla posizione comandata e alla posizione reale dell’encoder, un segnale di errore di posizione viene generato internamente al controllo, linea verde, e impiegato per controllare continuamente la posizione comandata. E’ importante sottolineare che con CLS mode la posizione viene monitorata dall’encoder ma il comando del motore viene generato dal controllo.

Controllo loop chiusa per motori stepper - Galil
Fig. 7 - Closed loop microstepping

Il segnale di errore viene analizzato dal filtro interno di Galil che compensa ogni errore di posizione modulando gli step di comando verso il drive. Closed Loop Microstepping è un sistema reale a loop chiusa ed è un’ ottima soluzione per comandare un motore passo passo in modo tradizionale. La chiusura del loop di posizione implica il rischio di avere delle instabilità se i guadagni del filtro interno non vengono opportunamente tarati. Resta comunque il fatto che si tratta di un sistema inefficiente dal punto di vista energetico e presenta una bassa banda passante comparato ad un classico sistema con motori servo. Si deve considerare che la banda passante può essere ulteriormente abbassata   qualora si impieghino driver di terze parti con caratteristiche non lineari.

Pilotaggio motore stepper come un motore brushless bifase

Per raggiungere il massimo delle prestazioni il motore stepper può essere controllato come un servo motore brushless bifase. La corrente al motore viene controllata in funzione dell’errore di posizione esattamente come con un motore servo. Il sistema di controllo che impiega Galil viene definito come 2 Phase Brushless mode o 2PB. In Figura 8 il dettaglio di un motore stepper comandato in questo modo. Anziché gli step, un comando analogico in torque mode (linea marrone) viene generato dal controllo, e inviato a uno degli azionamenti che possono essere integrati nel controllo.

Controllo loop chiusa per motori stepper - Galil
Fig. 8 - 2-Phase brushless mode

Comandando un motore stepper in questo modo si aumenta la banda passante riducendo il tempo di posizionamento. Il motore diventa analogo ad un servo motore con riduttore. Grazie al comportamento come servo, il range completo del filtro Galil può essere impiegato, compreso il filtro di notch, pole e feedforward. Per ottenere il massimo delle prestazioni il drive deve essere più sofisticato per poter generare istantaneamente la corrente necessaria al pilotaggio. Dal punto di vista energetico si ottiene una maggior efficienza e il motore genererà meno calore.



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Soluzioni per il Motion Control

Lunedì, 29 Maggio 2017

Soluzioni per il Motion Control

Sfogliando il catalogo Servotecnica si possono trovare soluzioni per il Motion Control tra le più disparate, controllori analogici, con protocollo Ethernet e infine soluzioni EtherCAT.  La scelta di quale strada intraprendere a volte diventa difficoltosa vista la sovrapposizione esistente tra le varie soluzioni. Vogliamo con questa presentazione fornire delle basi indicative di come poter scegliere senza la pretesa di aver individuato tutte le soluzioni possibili.

Partendo dalla consapevolezza che ormai i sistemi sono sempre più complessi e che hanno l’esigenza di scambiare informazioni sia tra elementi della stessa macchina sia tra componenti dislocati a volte lontano tra loro, una prima demarcazione va data tra controllori con protocollo Ethernet e altri con protocollo EtherCAT.


Comunicazione Ethernet

Lo scopo principale della comunicazione Ethernet è l’integrità dei dati e la quantità di dati trasmessa nell’unità di tempo ovvero “throughput”. I dati sono trasmessi in oggetti definiti pacchetti. Ogni pacchetto di dati contiene dei campi quali l’indirizzo della sorgente, l’indirizzo del destinatario, le informazioni oggetto di scambio ovvero “payload data” o “Ethernet Data” etc. I dati contenuti nel “Ethernet Data”, vedi Fig. 1, possono essere di dimensioni diverse a seconda del tipo di protocollo. Potendo raggiungere i 100 Mbit/sec come velocità di trasmissione si potrebbe definire che una rete Ethernet rappresenti una comunicazione praticamente istantanea.

Il termine “praticamente” è da impiegare in quanto nella comunicazione Ethernet, essendo tutti i componenti sia ricevitori che trasmettitori, possono provocare un sovraccarico di dati che può causare dei ritardi intermittenti e non prevedibili qualora dei pacchetti vengano persi o a causa di possibili collisioni. Questi eventi possono essere minimizzati ma non completamente eliminati. Qualora dovessero succedere, il ritardo di comunicazione, supererebbe il millisecondo e questo per una motion controller non è accettabile. Per questo motivo la comunicazione Ethernet viene definita come non deterministica in quanto non garantisce che le informazioni possano arrivare a destinazione in un tempo definito e costante.



Controlli analogici

Un diagramma a blocchi di un sistema che usa un PC e una motion controller è rappresentato in Fig. 2.  Si nota che la comunicazione Ethernet è ristretta tra host e motion controller mentre tra questa e i drivers avviene impiegando lo standard analogico +/- 10 VDC. Il profilo di moto in tempo reale, gli Ingressi uscite, il filtro PID sono nel controllo assi. Dato che i comandi di I/O, il segnale analogico sono trasmessi tramite connessioni elettriche in rame il ritardo tra invio e ricezione del comando è praticamente nullo. La comunicazione non real time è solo tra Pc e motion controller.




Possiamo quindi asserire che una motion controller analogica abbia intrinsecamente una soluzione deterministica.


Comunicazione EtherCAT

In una soluzione EtherCAT la comunicazione tra Host PC e Master EtherCAT non è critica. Il profilo di moto e i comandi di I/O sono generati dal Master EtherCAT come schema a blocchi in Fig. 3. Rispetto alla soluzione precedente il comando di movimento tra Controllo assi e Drivers invece di avvenire tramite segnale analogico avviene tramite 32 bit per la posizione comandata o 16 bit per comando di corrente.




I dati sono trasmessi in un pacchetto con struttura simile a quella impiegata nella comunicazione Ethernet vedi Fig. 4., altrettanto i segnali encoder e degli I/O tornano al Master EtherCAT. Questo avviene in un intervallo di tempo regolare conosciuto come EtherCAT Cycle Time, generalmente 1 msec ma può scendere sino a 0,1 millisecondi.


  

Se EtherCAT impiega la stessa struttura di pacchetti come Ethernet e la stessa connessione elettrica come sopperire ai potenziali problemi dovuti all’incertezza della comunicazione? La differenza sta nell’alto grado in cui la comunicazione EhterCAT è coordinata e strutturata, inoltre due trasmettitori EtherCAT non possono esistere nella stessa rete; tutto questo elimina la possibilità di avere collisioni durante la trasmissione. Ogni elemento è equipaggiato con un ASIC che permette a ciascuno di prendere direttamente le informazioni dal pacchetto EtherCAT mappandolo in memoria e rinviando le proprie informazioni nello stesso pacchetto; questo dato è usato o nel profilo di moto o nell’ aggiornamento del registro di posizione a seconda del modo operativo. E’ questo modo diretto di ricevere e inviare i dati che minimizza il ritardo esaltando nei sistemi EtherCAT la capacità di processare informazioni ad una velocità senza uguali anche rispetto a sistemi analogici.
Tutti questi vantaggi comportano un costo. Il network deve essere settato via software prima di essere impiegato. Ogni EtherCAT Slave deve essere configurato perché possa prendersi carico di un solo settore di bytes all’interno del pacchetto. Il network EtherCAT deve essere chiuso rendendolo incompatibile con lo standard Ethernet se impiega switches o hubs. Per ultimo l’impiego di un ASIC anche per i segnali di I/O o analogici nonché i servo azionamenti comportano un incremento di costo rispetto a motion controller analogici. E’ anche vero che il numero di assi EtherCAT è in continuo aumento quindi nel prossimo futuro il gap di costo andrà sempre più riducendosi.


Controlli centralizzati o distribuiti

Un sistema con controllo centralizzato consiste essenzialmente in una motion controller che si occupa di coordinare il moto degli assi, gestire degli I/O, comunicare verso un host PC o una HMI. Un esempio tipico è una macchina CNC, rappresentata a blocchi nella Fig. 5. Ci sono almeno 4 assi, numerosi I/O come limit switches, tastatori, può coesistere un PLC per gestire I/O addizionali. Tutte le informazioni in ingresso e i comandi in uscita vengono processati da un singolo controllo che coordina le azioni in pochi millisecondi.   In questo sistema un clock assicura che i feedback dai motori e i comandi verso i driver vengano processati in tempo reale quindi con certezza del tempo di campionamento in modo deterministico.




Un tipico esempio di controllo centralizzato lo troviamo nella figura sottostante, si tratta dei controllori Galil serie DMC-40x0 da 4 e da 8 assi, nello stesso involucro sono alloggiati sino a 8 driver adatti per pilotare motori fino a 1,2 Kw brushless, brush o stepper aumentando la velocità di esecuzione, evitare interferenze elettriche, e per contenere i costi. Nella soluzione senza driver integrati si potranno impiegare qualsiasi driver; la soluzione che propone Servotecnica sono azionamenti Mecapion alimentati direttamente da rete dalle dimensioni contenute come anche per i costi oppure verso la famiglia di drivers Ingenia.

 
 

Una seconda opportunità viene dall’impiego di controllori LSIS e dai rispettivi drivers. Il controllore si interfaccia verso HMI tramite protocolli ad alto livello ma potrebbe essere una interfaccia con protocollo Ethernet mentre invia i comandi di moto tramite protocollo EtherCAT.

 

 

Similmente a questa soluzione è ora disponibile il primo controllore EtherCAT GALIL che può gestire sino a 32 Slave oltre a 2 moduli IO EtherCAT

 

L’abbinamento verso i driver che proponiamo sono sempre driver Mecapion con alimentazione da rete o driver Ingenia .

Quando il sistema si sviluppa con una certa lunghezza o con un numero elevato di assi la soluzione decentralizzata è da considerarsi la migliore. Permette una forte riduzione dei tempi di cablaggio, diminuzione drastica di introdurre tramite cavi elettrici disturbi elettromagnetici; anche in vista di una ottimizzazione della manutenzione sono certamente preferibili rispetto ai sistemi centralizzati.
Nella figura sottostante i controllori di moto e i PLC si scambiano informazioni attraverso un bus di campo, tipicamente Ethernet. I controlli deterministici come IO e il moto sono gestiti localmente. Ogni nodo è composto da un master che invia i comandi e monitora lo stato dei vari componenti elettronici. Il beneficio è che ogni controllo viene impiegato per una funzione specifica migliorando notevolmente i tempi di elaborazione assegnando risorse specifiche per elaborare processi che devono prevedere una priorità di esecuzione rispetto ad altri.

 
 
 
 
 

Determinismo

Impiegare un hardware con un clock e interrupt definito, piuttosto che una sincronizzazione tramite cycle time EtherCAT, ci troviamo in entrambi i casi ad operare con soluzioni  deterministiche. Spesso si assume che essendo EtherCAT  un protocollo deterministico debba essere usato in esclusiva quando queste funzioni siano richieste. Per chiarire in entrambi i casi sia che si impieghi un controllo analogico che un Master EtherCAT si ottengono i medesi risultati. Per ogni sistema la decisione tra motion control centralizzata o distribuita dipende da come l’impianto si sviluppa, dove attuatori e motori sono dislocati e la distanza tra controller e questi elementi sia da coprire con cavi per raggiungere i vari componenti.

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